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Editoriali

LE PEN, ORBAN, SALVINI: PER LORO NESSUNA LIBERTA' DI ESPRESSIONE

Nessuno si illuda: la sbornia di retorica, luoghi comuni, buonismo idiota e banalità assortite non finisce con la descrizione del corteo parigino. I media ci han preso gusto, ci sguazzano. Retorica a pioggia in un inverno senza altre precipitazioni. Ma retorica accompagnata anche dai distinguo di chi la libertà di informazione e di espressione la pretende solo per la propria parte. Così un vecchio arnese in disarmo del 68 parigino si è sentito in dovere di sottolineare quanto fosse inopportuna la presenza, al corteo, del presidente ungherese Orban. Regolarmente eletto in regolarissime elezioni democratiche. Ma ai vecchi arnesi non interessa. L’unione europea deve essere riservata agli amici degli amici, a quelli allineati e coperti. Orban non deve avere il diritto di parola e neppure di camminare in un corteo. Liberte’? Egalite’ ? Fraternite’? Si’, ma mica per tutti. E che Marine Le Per sfili per conto suo. E che Salvini sia bloccato quando parla. E che l’apologia di fascismo resti un reato, così come sia vietato il revisionismo storico. Orban, Le Pen, Salvini: 3 nomi da cancellare, ma 3 realtà molto diverse. Innanzi tutto perché Orban, esponente del Ppe, guida un Paese mentre gli altri due reprobi sono all’opposizione. Orban si è asserragliato nel suo fortino magiaro, fregandosene di critiche e minacce, di attacchi politici ed economici. Una scelta rischiosa, ma che sino ad ora si è rivelata vincente. E adesso a Budapest arriverà anche Putin, tanto per chiarire che i nemici di ieri possono essere gli amici di oggi e di domani. Marine Le Pen, invece, ha subito una netta sconfitta in questa orgia di retorica. Ha dimostrato di non avere gli strumenti per fronteggiare un’offensiva mediatica su larghissima scala. Indubbiamente il compito era estremamente difficile, ma la sconfitta e’ comunque servita ad evidenziare gravi falle nella struttura di chi sogna l’Eliseo. A favore di Marine gioca però la consapevolezza di queste carenze organizzative e programmatiche. L’entourage di Marine sta cercando di favorire la nascita di un think tank non solo francese che possa ovviare alle mancanze di programmi e di progetti. La credibilità della candidatura alle presidenziali si misurerà anche dalla capacità di creare questo think tank. Più complicata la situazione di Salvini. Bravissimo sui social media sino al criminale attacco parigino. Poi in netta difficoltà quando si è trattato di articolare un progetto, un’alternativa, delle proposte concrete e credibili. Bocciato sia in analisi sia in sintesi. Anche lui, come Marine, avrebbe bisogno non solo degli ottimi comunicatori di cui si è circondato, ma di strutture in grado di elaborare analisi e proposte. Per evitare che l’assedio mediatico lo confini, come sempre succede a destra, nel ruolo di macchietta ininfluente.

Augusto Grandi