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Editoriali

Salvini, Di Maio e il tramonto del tatarellismo

Matteo Salvini avrebbe fatto le stesse cose che sta facendo in questo periodo, se il centrodestra avesse vinto le elezioni il 4 marzo 2018 con una maggioranza pari o superiore al 40%? Probabilmente no e la storia da ampia dimostrazione di come il centrodestra sia stato sempre uno strumento limitante per le politiche dei partiti populisti a partire dal 1994.
Il tutto parte dalla dimensione europea dei partiti coinvolti in questa vicenda: le forze politiche delle coalizioni berlusconiana erano infatti animate da ideologie politiche contrapposte a livello europeo mentre a livello nazionale si ritrovavano alleate. Forza Italia, Alleanza Nazionale e la Lega Nord di Umberto Bossi appartenevano infatti a gruppi europei totalmente differenti tra di loro, con basi ideologiche ben distinte e una proiezione sul futuro differente.
Una situazione, quella italiana, che nei fatti è anomala. Basti pensare agli altri partiti dei vari stati presenti in Europarlamento, difficilmente tra di loro alleati nel loro stato di provenienza. Eppure in Italia il Partito Popolare europeo è riuscito nella difficile impresa di mitigare le istanze sovraniste dei partiti riconducibili all’eurodestra, anzi li ha persino portati in alcuni casi alla loro dissoluzione con la formula tatarelliana di ottenere voti dal centro popolare.
Nel pensiero tatarelliano l’identità non era la sola cifra politica della destra e che senza l’obiettivo di vincere e governare si finiva per essere politicamente sterili. La soluzione era sostanzialmente un compromesso, ovvero la volontà di allearsi con un sistema politico che il prepopulismo si poneva di combattere, ma che Tatarella apprezzava. L’illusione di Tatarella era sostanzialmente quella che il popolarismo sarebbe stato schiacciato dal bipolarismo e da qui l’idea del centrodestra, ovvero una creatura che alla fine ha visto un’immane scontro tra populismo e popolarismo, scontro che a oggi sembra essersi interrotto con la decisione di Matteo Salvini di abbracciare i grillini e di “congelare” per il momento ogni alleanza con le forze popolari di centrodestra.
Proprio ciò riporta il tutto al punto di partenza: ovvero alla politica trumpista di Salvini e in parte di Di Maio, il quale ha una tradizione familiare missina, quindi non certo popolare. Una politica che nei fatti è sdoganante perchè per la prima volta non si regge sulla paura di un possibile ritorno al fascismo. Proprio questo era l’elemento che bloccava la politica dei partiti neofascisti, perchè il fascismo, secondo quanto mostrato da parte degli attori in campo, è solamente qualcosa che appartiene al passato e non tornerà mai più.