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I Maggio a Beirut, Instanbul, Parigi, Taranto: fuoco (e fumo) nel 50° anniversario del 1968

Un omaggio alla Primavera di Praga? O al “Vietato vietare” del Maggio di Francia? Ricorre il 50° anniversario della rivolta libertaria e studentesca nota al mondo con la dicitura appunto di Primavera di Praga (ripreso per omonimia nel concetto di Primavera Araba con lo spettro che abbiamo ben presente) e come Maggio Francese.
Nella giornata di ieri 1 maggio la RAI ha dedicato ampio spazio a ricordare le occupazioni studentesche anche italiane di quell’anno, in particolare quelle del Trentino, che risultano essere state (a sociologia) tra le più lunghe, coordinate non solo con Bologna e Torino ma anche con Milano e con Bolzano. Botte e mazzate.
In questo modo la giornata di ieri – dedicata a onor del vero alla Sicurezza sul posto di lavoro – che ha visto la parata dei sindacati è diventata occasione per 1200 black block e per 5 mila studenti turchi per scatenare violenze e devastazioni inaudite. 102 arrestati a Parigi, 20 mila poliziotti in piazza in Turkia a Instanbul e arresti a Beirut in Libano. Tutti contro i lavoratori, dato che i manifestanti violenti sono i figli di papà, mentre i lavoratori sono i poliziotti e la gente perbene che era lì per il lavoro. No, non è un errore di battitura.
Tanto è schierato il movimento degli antagonisti che in Francia sono state incendiate McDonalds, Renault, Interinali e auto parcheggiate, sulla via dell’ospedale, il corteo autorizzato ha dovuto ripiegare su Piazza Italia, mentre in azione anche all’estero i “no-border”, tanto che l’allerta terrorismo autoctono è alta.
Una protesta assurda, poiché per quanto poco sono proprio quelle le imprese che – eventualmente – possono dare qualche minimo contratto ai disoccupati, che altrimenti rimarrebbero semplicemente dei disoccupati. Più facile incendiare la Renault che battersi contro le leggi del governo francese. Che dal 2007 – anno in cui eccelleva come prima nazione europea per il lavoro – ad oggi ha perso via via primato e non può più vantare di essere il modello europeo.
Ma lo stesso vale per l’Italia: benché più serio il movimento di Taranto che ha manifestato contro i “Venti dell’ILVA” che costringono alla mascherina come in Cina e in Giappone, alla faccia del Protocollo di Kyoto, il 1 Maggio ufficiale si è fatto a Roma, che senza lode e senza infamia ha simpaticamente gestito un concertone, che sui social ha scatenato l’inferno. I ragazzi sono senza lavoro, non possono farsi bastare le canzoni d’amore e la musica per ballare. Infatti è stato polemica.
Roma ha fatto da palco, in questo caso nel vero senso della parola, anche per un argomento più serio: non solo il Concerto proletario ma lì è arrivata la protesta dei “Riders” i fattorini, insieme a Bianca Berlinguer, nota giornalista RAI di sinistra; essi sono lavoratori che sono ad oggi trattati come dei padroncini, ma in bicicletta e senza diritto di prelazione (SAIT Trentino docet, nella nostra provincia si è riusciti a toccare persino i TIR figuriamoci i motorini e le biciclette dei riders, di cosa stiamo parlando?).
In Trentino moderata la manifestazione a Villazzano, con i tre principali sindacati di CGIL CISL e UIL schierati per la Sicurezza sul posto di lavoro (il 2017 e il 2018 grazie anche a gravi eventi noti è stato un picco di morti e di feriti, ancora una volta più a rischio i lavoratori stranieri, persino i precari, nonché si sono aggiunti ora anche gli studenti in esperienza alternanza).
In ogni caso secondo gli esperti di politica del lavoro la giornata di ieri sarebbe stata fomentata in particolare proprio dalla ricorrenza del 50° anniversario del 1968 (essendo stati riproposti anche i vecchi slogan) e l’Italia ha dato poca rilevanza alle 14 mila persone che stavano devastando Parigi, alle 23 mila che stavano lottando contro il governo in Turchia e agli studenti libanesi, perché erano in corso le parate e le contro-parate dei sindacati. Nonostante siano state lanciate bombe carta contro la stampa e fuoco contro la polizia. A Parigi. Nel cuore d’Europa. Già colpito da altri. Terroristi.
Di Martina Cecco