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Esteri

Né con Maduro né con Guaidò

Il mondo sovranista italico è in subbuglio. E lo è perché è chiaro che ci troviamo davanti a uno di quei casi dove emerge maggiormente la contraddizione del sovranismo. La sovranità deve essere sempre rispettata anche quando porta al comando un profilo autoritario, seppure tramite libere elezioni (fino a quanto non so), oppure in tal caso può essere ignorata e si può riconoscere come capo di una nazione chi non è stato eletto per quella carica?

Più o meno è questo il dilemma. Tralasciando infatti l’ideologia economica che in questo frangente vede contrapporsi una visione socialista (e chavista) dell’economia e una visione liberista e americana, la questione riguarda la sovranità: è corretto intromettersi nelle dinamiche elettorali e democratiche di una nazione?

Da sovranista dico che no, non si può. Epperò, non è nemmeno possibile parteggiare così spudoratamente per Maduro e il suo regime, sotto il quale i venezuelani sono provati economicamente e umanamente. Ma altresì non è nemmeno accettabile che qualcuno si svegli la mattina e dica che Maduro non è più il Presidente, ma lo è un pinco pallino qualsiasi che però piace agli americani. A chi predilige questa seconda opzione (esportazione di democrazia), chiedo: gli piacerebbe che colui che ha votato venga un giorno disconosciuto in favore del capo dell’opposizione, perché secondo il giudizio inappellabile della potenza straniera che lo ha disconosciuto, colui che ha votato non è compatibile con la democrazia?

Io credo proprio di no. La sovranità è un principio irrinunciabile, ed è un principio che deve essere riconosciuto a ogni Stato-nazione. Se ammettessimo che i processi democratici sono validi solo e se colui che viene eletto è gradito alla potenza straniera di turno, allora quella sovranità non esiste e appartiene alla potenza straniera che, in questi casi, impone la propria politica imperialista e nazionalista.

Chiaramente questo discorso prescinde dall’atteggiamento che dovrebbe avere l’Italia, in termini pragmatici, rispetto alla vicenda venezuelana e di cui ho parlato qui. E secondo il quale la soluzione era e rimane quella di una sostanziale neutralità rispetto alla vicenda, ciò per non creare tensioni con l’alleato americano (tanto che confermo: oggi la scelta non è tra Maduro e Guaidò, ma tra Maduro e Trump). Una soluzione che sembra sia stata adottata da Lega e M5S, davanti all’arrogante pretesa dell’Unione Europea di imporre elezioni in Venezuela, in difetto delle quali la “rappresaglia” sarebbe stata il riconoscimento di Guaidò (cosa in effetti avvenuta). I due alleati di Governo si sono ritrovati infatti concordi nel seguire la linea dell’astensione. E dunque della neutralità. Se non altro questo non metterà Trump in una posizione di indisposizione nei nostri confronti; e questo ci sarà sicuramente utile in futuro nei nostri scontri con l’asse franco-tedesco.

Ma una cosa è la pragmaticità delle relazioni internazionali di chi non è direttamente coinvolto nella vicenda e che, per ragioni diverse, non consentono posizionamenti troppo ideologici o partigiani, altra è l’idea che sia legittimo imporre un cambio di “regime” come se nulla fosse e sulla base di interessi che poco o niente hanno a che vedere con la libertà dei cittadini del paese interessato. Perché – diciamocelo francamente – al di là delle belle parole e della retorica sui valori democratici, la questione venezuelana si riduce sostanzialmente al controllo dei ricchi giacimenti di petrolio nel suo sottosuolo. Nessuna potenza muoverebbe denaro, diplomazia, armi e truppe solo per salvare un popolo dalla dittatura; è più semplice e naturale che le muova per sfruttarne le risorse con la complicità di un governo amico.