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Provaci ancora Hillary: la disperata corsa alle elezioni del 2020

Hillary Clinton si ricandiderà alle primarie del Partito Democratico americano per concorrere alla Presidenza degli Stati Uniti d’America. Questa è l’indiscrezione emersa sul Wall Street Journal, ad opera di Mark Penn e Andrew Stein, due collaboratori della famiglia Clinton.
Si tratterebbe della terza candidatura alle Primarie dei Democrats. Già nel 2008 Hillary infatti tentò di diventare la prima donna candidata al ruolo di Presidente nella storia degli Stati Uniti d’America, ma venne travolta dalla personalità dirompente di Barack Obama che seppe da un lato sfruttare l’ingresso nella scena politica dei social network e dall’altro riuscì ad ergersi come “nuovo” rispetto a Hillary, identificata come “vecchia” data la presenza ingombrante del marito Bill Clinton, ex-presidente.
Lo stesso Bill Clinton incise pesantemente in quelle primarie anche perché commise diversi “scivoloni”, come ad esempio l’aver definitivo Obama come un semplice “black candidate”, scatenando le ire della comunità afroamericana che si riversò definitivamente a sostegno del Senatore dell’Illinois. Obama diventò così il candidato democratico alla presidenza, nonostante avesse ottenuto meno consensi di Hillary Clinton. Obama si fermò infatti a 17 milioni e mezzo di voti, a 300 mila voti di distacco dalla Clinton.
Incaricata come segretario di Stato e non essendosi praticamente disputate le primarie dei Dem nel 2012, nel 2016 Hillary Clinton vince – a fatica – le primarie del Partito Democratico sfidando Bernie Sanders. Il senatore socialista, candidandosi contro il volere del suo stesso partito, riesce a vincere in 23 stati su 50 ma non riesce a strappare la candidatura ad Hillary, che aveva avuto il sostegno di tutto l’establishment da Obama in giù.
Una vittoria di Pirro però, perché mentre lei da candidata ultra-favorita non stava incassando quel voto plebiscitario che i Democrats si aspettavano, i Repubblicani stavano trovando il candidato meno interno al partito e più amato dal popolo che ci si potesse aspettare: Donald J. Trump.
La sfida presidenziale tra Trump e la Clinton ha segnato un punto di forte discontinuità con la storia politica americana: scandali, tweet, insulti più o meno gravi, accuse di incarcerazione. Ancora una volta, ad uscire sconfitta è Hillary Clinton, curiosamente anche stavolta nonostante un maggior successo in termini di numero di voti. Infatti la Clinton si è attestata a quasi 66 milioni di voti, circa tre milioni di voti in più rispetto a Trump che però ha ottenuto un numero maggiore di delegati.
E ora ci prova ancora, Hillary. Un abbonamento all’insuccesso, con l’ossessione di voler diventare a tutti i costi la prima donna Presidente degli Stati Uniti. Un suo sogno, cavalcato e accarezzato al contempo, che sta diventando presto un incubo. Con la convinzione che, non essendoci nemmeno stata la Blue Wave che molti sondaggisti ci si aspettavano, l’esito di una “rivincita” tra Trump e la Clinton non potrebbe che essere l’ennesima sconfitta di Hillary.
Pensare che di donne con quel piglio necessario per poter pensare di intimidire uno dei presidenti con il più alto tasso di successi nella storia americana ce ne sarebbero abbastanza, ma di nome non fanno “Hillary” e soprattutto di cognome non fanno “Clinton”. Ma il Partito Democratico è ormai assuefatto alla sconfitta. Forse qualcuno si ricorderà la scena dei Simpson dove i Democratici stavano organizzando le primarie e la delegata locale affermava: “Non so come potremo fallire, ma falliremo, perché il Partito Democratico è fatto così, con la folla festante dell’elettorato democratico intorno al tavolo. Questo Partito Democratico invece lo sa come farà a perdere, ma nonostante ciò continuerà a sostenere quel candidato costantemente perdente perché non pensa di essere una donna forte, ma forte in quanto donna.

Riccardo Ficara Pigini