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Eurozona

Alternative für Deutschland è l'evoluzione del Freie Demokratische Partei?

I mesi turbolenti che abbiamo dinanzi a noi ci daranno l’opportunità di verificare e comprendere meglio che cosa sia andato storto nelle dinamiche delle relazioni intra-europee: in particolare, il termine del mandato di Draghi presso la Banca Centrale Europea alla fine del 2019 potrebbe essere spartiacque tra antichi e nuovi approcci all’integrazione continentale, non soltanto dal punto di vista delle politiche monetarie, che potrebbero subire un cambiamento a seconda di chi verrà nominato (un temuto falco tedesco o nord-europeo, per esempio, oppure un più “timido” esponente filo-mediterraneo del board). La preoccupazione più grande, tuttavia, riguarda lo scenario politico che andrà delineandosi oltre le Alpi, in territorio germanico.
Chi fra i candidati alla successione di Frau Merkel potrà fronteggiare l’ascesa del temutissimo Afd, l’Alleanza per la Germania che tanto spaventa gli investitori e i mercati internazionali, nonché gli alleati europei della prima potenza economica dell’Unione?  Per conoscere brevemente il programma politico di Afd sarebbe sufficiente, invero, visitare il canale Youtube di Cassius, un utente che, di volta in volta, traduce in inglese il contenuto dei discorsi degli esponenti Afd presso il Bundestag, riportandoli fedelmente.
Tuttavia, volendo analizzare nel dettaglio il posizionamento autentico del summenzionato movimento, bisognerebbe studiare che cosa avvenne agli albori, nel periodo iniziale della nascita di codesta formazione politica. Il movimento fu fondato nel 2012 da Alexander Gauland (ex esponente della CDU), famoso per le sue dichiarazioni talvolta fortemente nazionaliste e fuori dalle righe, e Bernd Lucke, economista euroscettico, particolarmente avverso alla moneta unica e alla gestione accentrata a livello UE della politica monetaria.
Afd si oppone ai trasferimenti dai Paesi più ricchi alle nazioni europee più povere, e pure ai prestiti, ai salvataggi delle banche dei Paesi mediterranei. Si oppone, insomma, alla condivisione del fardello (“sharing the burden” direbbero gli anglosassoni) economico della crisi che ha rallentato particolarmente la crescita dei Paesi mediterranei e ha comportato un enorme peso per Eurolandia, rischiando di farla implodere (Grecia, Italia, Spagna, Francia erano, difatti, decisamente problematiche nella fase iniziale della recessione).
In questo senso, dunque, si può identificare Afd come  partito della borghesia tedesca maggiormente conservatrice e produttiva, degli imprenditori, di quei benestanti che non vorrebbero dover supportare, col loro danaro, i vizi dell’Europa mediterranea. Questi aspetti ricordano, quantomeno vagamente, l’azione politica della Lega Nord, nei primi anni, in Italia. La narrazione si concentra sul delineamento delle ragioni dell’arretratezza di una certa area geografica in termini puramente economici e culturali; orbene, la soluzione a queste questioni sarebbe quella di fermare i trasferimenti e responsabilizzare le aree più deboli. Definiremmo un tale orientamento certamente compatibile coi principi del liberalismo classico e nazionale (proprio dei Paesi di cultura germanica) nord-europeo.
Nondimeno, occorrerebbe sottolineare come, nel corso degli anni, e con l’avvento della crisi migratoria, che raggiunse il proprio picco con l’apertura della Cancelliera e il conseguente sovraffollamento della c.d. rotta balcanica, Afd abbia modificato profondamente la propria piattaforma politica originaria, adottando valori sovrapponibili con l’identitarismo e, in alcuni casi, il nazionalismo tedesco. Ciò ha spinto, negli ultimi tempi, innumerevoli commentatori ad etichettare il partito come una formazione xenofoba di estrema destra: lo stesso cambio di vertice, con la nomina di Alice Weidel alla guida, ha profondamente contribuito a tale definizione. Fermiamoci: siamo realmente sicuri che le posizioni di Afd sull’immigrazione siano solo caratteristiche del medesimo, e che queste non vengano condivise anche da partiti presentabili? Conviene esaminare, in proposito, il caso di FDP, movimento liberale classico e conservatore del centro-destra tedesco, il quale aderisce agli europeistidi ALDE.
Ricordate la nascita dell’attuale esecutivo Merkel? Ricordate chi ha costretto Frau Angela a rassegnarsi all’idea di abbandonare le trattative con i Verdi e di accordarsi nuovamente coi socialisti?
La risposta risulta palesemente scontata: proprio FDP. Ma per quali ragioni, principalmente? Il tema fondamentale è legato alla questione dei rifugiati, da un lato, ed all’immigrazione irregolare  proveniente dalla rotta mediterranea, dall’altro. Ebbene sì, i moderati liberali di Christian Lindner hanno fatto naufragare ogni prospettiva di accordo con i Verdi, tradizionalmente più flessibili sulla materia di cui sopra, per la formazione di un GovernoGiamaica(cristiano-democratici, liberali, ecologisti). Ennesima dimostrazione che la gestione maggiormente securitaria dei fenomeni dell’immigrazione irregolare e della integrazione non è più appannaggio di un singolo movimento, ma ha trovato sostenitori financo tra le fila del partito di Merkel.
Negli anni che ci attendono, l’UE affronterà questi nodi; ma, forse, l’outcomeche ci saremmo aspettati (la distruzione dell’UE sotto i colpi di mannaia degli euroscettici) sarà ben diverso: il nuovo scenario potrebbe, paradossalmente, generare nuove forme di europeismo, come il recente asse tra Austria, Germania ed Italia proprio sul tema suddetto, parrebbe dimostrare.
 
Giulio Sindaco.