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Eurozona

Braccio di Ferro Erdogan, UE: (Non sempre) Welcome Refugees

Le immagini del Colpo di Stato (tentato) in Turchia scorrono, continuamente, nelle nostre retine ma sopratutto nelle nostre menti. Tante, forse troppe, le domande: chi c’è dietro? Perché il popolo ha reagito in maniera così forte, quando 3 anni fa al Parco Gezi, sembrava che il popolo fosse ormai distante dal “Sultano” Erdogan? Che ne sarà ora degli esecutori materiali del golpe?
A queste domande in pochi avranno una risposta vicina alla verità, inevitabilmente. Va però data la risposta a un altro tipo di domanda: come si sta ponendo l’Europa? Tralasciando una possibile risposta che però risulterebbe molto volgare, l’atteggiamento tenuto dall’Europa è decisamente attendista, il che forse è un bene, ma di sicuro crea dei conflitti interni tra quello che è la prassi e quello che sta accadendo in questi giorni.
Iniziamo anzitutto con le ore, caldissime, del conflitto: le notizie che giungevano a noi avevano quel non-so-che di fantozziano (“Si diceva che l’Italia stava vincendo per 20 a 0 e che aveva segnato anche Zoff di testa, su calcio d’angolo…”), con alcune fonti che davano i militari come già intenti a scrivere una nuova Costituzione, altre che sostenevano che Erdogan fosse in volo continuo sopra la Turchia in attesa di una risoluzione definitiva del golpe.
Sembra, stando alla trottola impazzita di notizie di quelle ore, che Erdogan avesse chiesto asilo politico anche in Germania, forte dei tanti accordi degli ultimi mesi stretti dal paese turco e dall’Unione Europea. Tuttavia, l’Europa no borders e welcome refugees avrebbe (secondo le fonti del Msnbc, canale d’informazione americano) negato l’atterraggio all’aereo del presidente turco.
Tralasciando la realtà o meno della notizia (che, per far capire la confusione, è stata seguita dai media occidentali con l’annuncio che il presidente turco stesse volando a Londra, mentre secondo i media arabi l’aereo presidenziale era diretto in Qatar), se la notizia fosse vera, sarebbe un caso eccezionale di controtendenza. Proprio il paese che aveva bacchettato l’Italia in fatto di immigrazione, dando una “straordinaria” prova quando ha accolto decine di migliaia di siriani per poi chiudere le frontiere e trovarsi a subire i fatti di Colonia; proprio quel paese a un uomo che era, in quel momento, a tutti gli effetti un rifugiato politico ha chiuso la porta in faccia.
Senza fare facilissime ironie sul fatto che Erdogan è con buone probabilità l’unico turco a non essere entrato in Germania, il fatto avrebbe un qualcosa di decisamente paradossale, specie leggendo i tweet post-golpe di tantissimi leader europei: Renzi ha dichiarato di essere sollevato dalla pace ristabilita in Turchia, indicando come “libertà e democrazia siano sempre la via maestra da seguire e difendere” (in un paese in cui giornali e social vengono oscurati a puro piacimento del Premier, ma va bene così).
Il segretario della NATO, Jens Stoltenberg, ha twittato “Mi complimento per il forte sostegno dimostrato dal popolo e da tutti i partiti politici per la democrazia e per il governo democraticamente eletto della Turchia“, parole riprese anche da Obama; sostegno a Erdogan anche dalla neo-Prime Minister Theresa May e (udite udite) da Angela Merkel.
Hanno tutti sostenuto, dunque, il presidente turco. Dopo il golpe, ovviamente. Durante in pochi se la sono sentita di parlare, forse per timore, forse per speranza.
Prima nota a margine: Putin deve ancora intervenire in maniera chiara riguardo al golpe. Ed è difficile pensare in che modo farà conciliare un intervento in merito a questa vicenda, considerati i precedenti nei rapporti triangolati Turchia, Siria, Ex Unione Sovietica.
Seconda nota a margine: ben otto dei golpisti, avendo paura di subire una condanna alla pena di morte (proposta di Binali Yildrim, primo ministro turco), sono scappati in Grecia chiedendo asilo. La Grecia lo ha concesso, ma dopo la chiamata del ministro degli esteri turco Cavusoglu, il corrispettivo ellenico Kotzias sta trattando per concedere l’estradizione. Un po’ come dire che si rimanda in Siria qualcuno che scappa da Assad. Il feroce dittatore.
Di Riccardo Ficara