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Eurozona

L’Islanda cancella le nascite dei bambini affetti da sindrome di Down

L’isola atlantica attraverso particolari diagnosi prenatali poco invasive e la legge che permette l’interruzione di gravidanza oltre le sedici settimane, in caso di anomalie nel feto, si sta avviando a divenire il primo paese europeo senza nascite di persone con sindrome di Down. Questi comportamenti ricordano i precetti dell’agoghé spartano secondo il quale: “la legge, puntigliosamente, s’interessava del bambino fin da prima della nascita: a Sparta vigeva tutta una politica che si può ben definire di eugenetica. Appena nato il bambino doveva essere presentato innanzitutto ad un comitato degli anziani riuniti: il futuro cittadino veniva accettato ufficialmente solo se era bello, ben fatto e di costituzione robusta; i più gracili e deformi erano invece destinati ad essere gettato nel deposito dei rifiuti situato nel monte Taigeto”.
 
Negli ultimi anni in Islanda, su una popolazione di 335 mila abitanti, nascevano in media solamente uno o due bambini affetti da trisomia 21. Questi casi sono dovuti, secondo gli operatori del Reykjavik City Hospital, dove nascono i ¾ dei cittadini islandesi, a causa di imprecisioni degli strumenti di screening. Si assiste, infatti, ad un 100% delle interruzioni di gravidanza in caso emergano anomalie fetali.
 
La legge della Repubblica d’Islanda consente l’interruzione di gravidanza oltre le sedici settimane in casi particolari e tra questi rientra la sindrome di Down. Prima di compiere la scelta dell’interruzione di gravidanza le donne sono affiancate da un team di psicologi, in modo da rendere ben consapevole la scelta ed evitare l’insorgere di sensi di colpa.
 
La piccola isola atlantica è riuscita a vincere la corsa contro la Danimarca, infatti, anche nel Paese scandinavo le nascite di bambini affetti da trisomia 21 è di appena qualche decina e la percentuale di aborti è al 98%. Quello che non sorprende è che questi eventi accadono proprio nell’Europa del nord. Nel secolo scorso paesi come Finlandia e soprattutto Svezia applicarono programmi di eugenetica volti a ridurre le spese del welfare state. Nel Regno di Svezia tra il 1936 ed il 1976 vennero sterilizzate molte decine di migliaia di persone soprattutto donne con precedenti penali, con problemi di alcol e con problemi mentali.
 
Numerose organizzazioni dei diritti di persone affette da sindrome di down da una parte invitano prima di tutto le coppie a riflettere  ed avere tutti i dati per compiere una scelta consapevole, anche perché con gli sviluppi della scienza e della medicina le persone affette dalla sindrome possono svolgere una vita comune e superare i sessant’anni di età. Dall’altra criticano il fato che le scelte sociali di un Paese vadano ad influire all’interno delle coppie.
 
Stefano Peverati