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Cultura

La grande Tradizione della cucina napoletana

Uno dei biglietti da visita che una cultura o una nazione offrono ai visitatori, autoctoni e non, è la cucina. Recentemente, l’Unesco ha dichiarato l’arte della preparazione della pizza napoletana come patrimonio dell’umanità.
Un riconoscimento prestigioso, che ha suscitato gioia nella gilda dei pizzaioli e risvegliato il campanilismo della Campania, orgogliosa di poter mostrare concretamente al mondo la qualità di uno dei suoi prodotti più iconici nella cucina napoletana.
A tal proposito, si fa spesso l’errore di considerare la pizza come l’unica pietanza davvero importantenella cucina napoletana: condita in tutti i modi, è esportata in tutto il mondo, diventando simbolo d’Italia e d’italianità.

Foto tratta da “www.pixabay.com”

Volgere uno sguardo più approfondito ad una cucina regionale non solo fa capire come spesso s’è creato molto con poco, ma anche che la commistione di sapori ha generato un arricchimento di quello che tutti in Italia indicherebbero senza esitazioni come la cucina nazionale.
Tutto parte dalla dominazione greco-romana sull’attuale Campania: le radici della cucina napoletana si trovano nell’elevata pescosità del mare dinanzi le sue coste e nell’abbondanza di selvaggina e frumento propria delle zone più interne.
Secondo alcuni, piatti come le zucchine alla scapece o l’abitudine di condire con uva passa piatti dal sapore forte (come la pizza con le scarole o le braciole al sugo) derivano dai pranzi sontuosi che i nobiliromani spesso si concedevano nelle loro ville a Pompei o sul litorale campano.

Foto tratta da “wikipedia.org”

Questa è una costante della cucina napoletana: l’uso creativo di elementi che provengono dai diversielementi della natura. I pranzi e le cene del Sud, più che essere forieri di gag anche un po’ stucchevoli, mostrano che l’inventiva al servizio del palato e degli occhi è altrettanto importante degli ingredientia disposizione.
Il Medioevo rappresenta un periodo a due facce: da un lato lo spopolamento delle città e il declinodei commerci ad ampio raggio; dall’altra popolamento delle campagne e recupero dei mercati locali. Le conseguenze sulla cucina napoletana si fanno sentire: le case abbandonate sono abbattute e al loro posto sono creati dei verzieri e giardini, coltivati non solo per soddisfare i signorotti locali, ma anche per scambiare i loro prodotti con quelli della campagna.
Piatti quali o’ per e o’ musso o le zuppe di verdure sono prodotti popolari che anche gli altolocati non sdegnavano di consumare. Cristoforo di Messisbugo, nome non molto noto, è importante per questo motivo: cortigiano di Carlo V, cuoco famoso e conteso dalle corti italiane, scrisse uno dei più antichi ricettariBanchetti composizioni di vivande e apparecchio generale, dove i piatti per nobili contenevano tanto dell’origine popolare.

Foto tratta da “wikipedia.org”

La particolarità è che proprio in questo periodo la popolazione di Napoli veniva chiamata mangiafoglie: se oggi viene definita pizzaiola o mangiamaccheroni vuol dire che molti cambiamenti, anche a livello culturale, sono intervenuti a modificare gli usi e i costumi della cucina napoletana.
E’ a partire dal Seicento che quest’immagine del popolo napoletano cambia: un’incisione del 1690mostra uno scugnizzo che mangia dei maccheroni alla maniera di Totò in Miseria e nobiltà. Oltre ad essere la prima raffigurazione di quel soggetto, l’immagine mostra come la pasta e gli ingredienti per crearla, dal mondo dei dolci per nobili, sia passata ad essere alimento semplice e alla portata di tutti.
La dominazione spagnola, anche se con luci e ombre, fa diventare le distribuzioni di cibo un evento quasi miracoloso, e l’albero della cuccagna è lì a dimostrarlo. I napoletani persero pian piano l’abitudine di condire non solo la verdura con pinoli o uva passa, ma anche di fare la pasta usando lo zucchero.
Qui nasce nel “popolino” la fede quasi mistica nel cibo e nel riscatto sociale che questo può dare, tanto che oggi con la diffusione dello street food si riesce a mantenere vivo l’orgoglio della dieta mediterranea contro McDonald’s o Buger King e l’inventiva propria della cucina napoletana.
Pasquale Narciso

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