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Il tesoro del Vaticano: l’oro non tutto loro

Nell’era della relatività, in cui l’oggettività pare una bestemmia, sono poche le certezze cardine delle nostre esistenze: la terra che gira intorno al sole, l’acqua che bolle a 100 gradi centigradi e il Vaticano che è la multinazionale più ricca al mondo.
Un po’ come una leggenda metropolitana, in cui ognuno si arroga il diritto di esprimersi, di aggiungere un particolare macabro, solo per il gusto di stupire l’interlocutore. Eppure sono passati già due anni dalla pubblicazione di un articolo della nota rivista Fortune, la quale smentisce l’affermazione precedente collocando il Vaticano addirittura al di fuori dei 500 più ricchi al mondo. In realtà, una dichiarazione simile risulta assai approssimativa, considerando il fatto che lo Stato Pontificio non appartiene ad alcuna organizzazione interstatale e, di conseguenza, non è obbligato a rendere pubblici i propri bilanci.
Ciò nonostante, alcuni numeri possono aiutarci a fare chiarezza: con una superficie di 0,44 km², la Città del Vaticano conta 836 abitanti e 2886 impiegati, i quali guadagnano il 25% in meno rispetto ai lavoratori italiani di aziende private. Non bisogna però dimenticare che i suddetti impiegati sono esenti da tasse e godono di coperture sanitarie e pensionistiche: circa i 2/3 del budgetdella Santa Sede sono impiegati per pagare salari, benefici e pensioni dei lavoratori.
Secondo alcune fonti interne alla Curia Romana, il tesoro Vaticano vanterebbe un ammontare di 5,7 miliardi di euro, escludendo gli immobili e i capolavori d’arte, i quali sono stati definiti da papa Francesco “tesori dell’umanità” e, di conseguenza, impossibili da vendere. E’ proprio grazie a questi ultimi, però, che l’economia del Vaticano può contare sui grandi introiti derivanti da un turismo sempre crescente, poiché l’intero territorio costituisce un’inestimabile opera d’arte e un capitolo di storia lungo 2000 pagine.
Altra questione importante per comprendere la ricchezza pontificia è il decentramento amministrativo che si traduce in decentramento economico: la Chiesa, infatti, si divide in tre branche, di cui il Vaticano, gli ordini religiosi e le diocesi; nel mondo ci sono circa 2800 diocesi, di cui 226 in Italia. Pur inviando periodicamente denaro alla sede centrale, tali filiali coprono meno del 4,5% delle entrate totali, per lo più devolute in attività missionarie e opere di carità.
A proposito del decentramento della Chiesa, papa Francesco ha avviato una riforma per la riduzione delle diocesi, ritenendo eccessivo il numero di quelle italiane. Sempre secondo la rivista “Fortune”, Francesco si colloca al vertice della lista dei più grandi leader degli ultimi anni (World’s Greatest Leaders list) e potrebbe essere definito “il primo papa moderno”. Ciò che si “rimprovera” a papa Benedetto XVI è di essere stato un grande teologo, ma un manager mediocre; e proprio grazie alla concretezza di papa Francesco, che ha portato un regime di austerità tangibile nel clero, è possibile oggi smentire parzialmente la visione di un Vaticano opulento: nel 2013, infatti, il bilancio della Santa Sede ha registrato un deficit di 33 milioni, in crisi proprio come un normale Stato laico.
Calcolando, poi, il patrimonio immobiliare, il Vaticano annovera circa 23000 proprietà tra terreni e fabbricati, di cui 600 palazzi fra istituti e conventi, 50 monasteri, più di 500 chiese e 22 conventi; quasi il 20% del patrimonio immobiliare italiano appartiene alla Chiesa. Eppure, di tutte queste proprietà solo 2000 “spettano” al Vaticano, le quali, costituendo investimenti per la Santa Sede, fruttano tra i 15 e i 22 milioni di dollari.
Il Vaticano non è solo il capo della gerarchia ecclesiastica, ma è anche uno stato a sé stante e, come tutti gli altri stati, opera investimenti e accantona riserve: circa 920 milioni in azioni, obbligazioni e oro, con 50 milioni di dollari in riserve di oro conservati nella Riserva federale degli Stati Uniti.
Quello del bilancio della Città del Vaticano è un argomento delicato, soprattutto se si considerano i numerosi stereotipi costruiti intorno al tema. Siamo abituati all’illustrazione di un Cupolone dai mille tentacoli, molto simile a quella della “Piovra”, raffigurante Cosa Nostra; e, in effetti, non è raro udire affermazioni del tipo:”La Chiesa è la più grande mafia al mondo”.
Si parla di ricchezza “sporca”, di scandali, frodi e sotterfugi, in un ambiente in cui il vizio capitale dell’avarizia regna incontrastato. Tuttavia, con una ricerca imparziale e minuziosa è possibile azzardare che l’oro non è tutto loro, riferendoci alla Città del Vaticano in quanto Stato; perchè è sempre concesso esprimere il proprio parere, meglio se avvalorato da dati e numeri per evitare luoghi comuni e tautologie.
Antonella Gioia