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Berlusconi torna all'84

Per Silvio Berlusconi siamo sempre nel 1984. Non 94, quando illuminò di immenso l’Italia scendendo in campo. 

Proprio nell’84, appena usciti dagli anni di piombo e subito piombati nella Milano da bere, nell’edonismo reaganiano come antidoto ai troppi morti e alle continue violenze. Un’Italia che cercava moderazione dopo gli estremismi, che sognava un’economia liberale in grado di garantire sviluppo ed ottimismo.

Peccato che la corte di Arcore non abbia il coraggio di spiegare al sultano che la situazione è leggermente mutata. Che anni ed anni di moderatismo e di politiche liberali (tutti si dichiaravano liberali, a destra e pure a sinistra) hanno portato alla crisi, alla crescita della povertà, alla cancellazione del ceto medio e di quella borghesia che si era illusa sui poteri taumaturgici del sultano.

Ed ora i moderati sono inevitabilmente una minoranza protetta ed asserragliata nei quartieri eleganti delle città. Gli altri si sono stufati di essere moderati e sfruttati ed hanno deciso di rivolgersi a chi prometteva un cambiamento radicale, nè liberale nè moderato.

Hanno sbagliato la scelta? Può anche essere vero, ma i nuovi barbari non sono certo peggio dei moderati illuminati che li hanno preceduti. Bussetti non è un granché come ministro dell’Istruzione, ma prima di lui ci siamo ritrovati Fedeli, Gelmini, Moratti. Gente che permette di rivalutare pure Bussetti. E solo una informazione distorta e faziosa può raccontare che Padoan, quello che ignorava persino il costo di un litro di latte, fosse un grande economista. Inutile sparare sulla croce rossa citando Martina o il bugiardissimo Renzi. 

Certo, ora siamo in recessione, ma è la terza volta negli ultimi 10 anni, anche se Berlusconi se l’è dimenticato. Come si è dimenticato chi governava nelle precedenti occasioni. Si sono dimenticati, lui ed i suoi alleati naturali renziani, che la crescita media del Pil italiano negli ultimi 18 anni è stata dello 0,2%. 

Ma, soprattutto, il Silvio di Arcore continua ad illudersi che i suoi colleghi industriali rappresentino ancora un punto di riferimento credibile per il rilancio dell’Italia. Il compagno Boccia, presidente di Confindustria, pretende che il governo investa per garantire commesse pubbliche a prenditori che non investono quattrini propri per le loro aziende private. E si lamenta, Boccia, per le misure del governo a partire da Quota 100 per le pensioni. Poi si va sul territorio e si scopre che aziende simbolo del Made in Italy, come Alessi, benedicono Quota 100 poiché permette di far fronte agli esuberi senza provocare drammi. 

Berlusconi e Boccia dovrebbero forse chiedersi perché hanno paura di un boom di richieste per uscire dal mondo del lavoro anche con una pensione ridotta. Non sarà che a forza di moderazione e liberismo nelle aziende si lavora in condizioni sempre peggiori e per retribuzioni sempre più inadeguate? Non sarà che moderazione e liberismo hanno determinato un aumento della precarietà, dello sfruttamento, della povertà e pure dei morti sul lavoro?

Difficile essere moderati in queste situazioni. E non basta il compagno Landini che svia l’attenzione mettendo come priorità l’antifascismo, la guerra ai cartaginesi e la lotta contro gli Achei. Perché i problemi restano ugualmente e non favoriscono la moderazione.