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E SE RENZI FOSSE IL NUOVO CRAXI?

L’attuale situazione politica italiana ricorda molto quella che vi era in Italia nel 1985, quando in Italia il governo apparteneva alla sinistra, al primo governo socialista della storia italiana: il governo Craxi.

Il governo che, ovviamente, fu appoggiato, se non diretto, dalla Democrazia Cristiana, della quale Craxi si fece sapiente interprete in chiave socialista. Questa alleanza, che portò Craxi ad essere il Presidente del Consiglio, comportò un numero incredibile di ministri della DC, ben 11 su 20 più la nomina di Forlani a vice-presidente.  Non fu ben vista dalla sinistra interna, che per la prima volta si trovava a governare.

Il Governo Craxi I è anche quello del pentapartito, la DC, i due tronconi del socialismo italiano, PSI e PSDI, il Partito Repubblicano e i Liberali; un insieme di partiti teso a mantenere il governo il più a lungo possibile. Cosa che riuscì, dato che la durata del governo di Craxi fu superata solo dai Governi di Berlusconi, prima dal 2001 al 2005 e poi dal 2008 al 2011.

Ma da quale necessità nasceva questa alleanza? Dall’unico scopo di tenere i comunisti lontani dal governo. Insomma, un sottile gioco con lo scopo di tenere la forza politica più “eversiva” fuori dagli incarichi per lasciare che il centro-sinistra potesse portare avanti quelle riforme di cui necessitava il paese.

Storico rimane l’episodio del taglio del 4% della Scala Mobile, un provvedimento economico che vide un duro contrasto da parte dei sindacalisti della CGIL e del Partito Comunista. Dopo che la legge passò con un voto di fiducia alla camera, si giunse a un referendum abrogativo. Craxi partecipò attivamente alla campagna in sostegno della sua legge, difendendosi dalle critiche del maggior sindacato di sinistra e del PCI. Al referendum vinsero i No all’abrogazione, segnando un’ulteriore vittoria del leader socialista sui sindacati.

Ma tra tante cose una in particolare non riuscì a Craxi: la riforma istituzionale in direzione di un presidenzialismo. Nonostante i tanti sforzi, prima e durante il governo, rimase un “inutile abbaiare alla luna”.

BETTINO CRAXI CON CLAUDIO MARTELLI (Ravagli / GIACOMINOFOTO, RIMINI - 1987-04-05)
BETTINO CRAXI CON CLAUDIO MARTELLI (Ravagli / GIACOMINOFOTO, RIMINI – 1987-04-05)

Risvegliarsi oggi, nel 2015, e vedere un Presidente del Consiglio al governo con un partito di centro e spesso sostenuto da un partito di centro, con un leader effettivamente non eletto dal popolo (Craxi arrivò terzo alle elezioni del 1983), leader di una coalizione di partiti con l’unico scopo di non far entrare un partito “scomodo” e con proposte costantemente contrarie ai principi e ai valori sui quali il suo stesso partito poggia, fa molto riflettere.

Altre analogie sono rispecchiabili tra i contenuti proposti da Craxi e da Renzi: difatti il premier fiorentino si sta esponendo come un “socialista riformista”, capace di creare una Sinistra abbastanza forte da governare, cosa che suona molto simile alla linea politica di Craxi. A livello ideologico per entrambi si parla di un centro-sinistra, tendente verso il centro. Ultimo, ma non meno importante, l’atteggiamento dei due leader: entrambi infatti, si sono sempre posti come obiettivo quello di instaurare fiducia nei confronti delle persone, con lo scopo di mantenere lo status quo (e di mantenersi nello status quo).

“La politica dei niet non porta da nessuna parte”, celebre frase di Bettino Craxi, sembra fare il pari con “La politica dei no” con cui Renzi bacchetta tutt’oggi il Movimento 5 Stelle, senza parlare dell’asse Lega-Fratelli d’Italia.

Ma tutta la storia politica di Craxi e quella appena iniziata di Renzi segnano analogie continue. Entrambi sono diventati segretari del partito dopo il raggiungimento del minimo storico (per il PSI il 1976, per il PD il 2013). Entrambi si sono circondati immediatamente di una squadra di giovani, con meno esperienza politica possibile: questo sia per dare l’impressione di un rinnovamento, sia per risaltare come “figura forte” all’interno del governo.

Entrambi si sono trovati leader in un momento di affanno per l’Italia, e hanno tentato di uscirne dando l’impressione di essere i leader forti e vicini alla gente, vestendosi “casual” in pubblico (impossibile dimenticare la giacchetta in pelle di Renzi-Fonzie), ma sopratutto di essere dei veri e propri “treni in corsa”, cosa che li ha condotti ad essere visti come “autoritari” se non “dispotici”.

Forse è vero che la storia è un lungo cerchio.
Riccardo Ficara