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Hong Kong, un braccio di ferro continuo

Ad Hong Kong sono state arrestate ventisei persone nei tafferugli tra la polizia e i dimostranti pro-democrazia che volevano rioccupare un sito di protesta, precedentemente smobilitato. Anche quindici poliziotti sono rimasti leggermente contusi, nella terza notte consecutiva di tumulti nell’ex colonia britannica, dopo due settimane di calma apparente. Quasi 9.000 manifestanti hanno occupato una strada nel quartiere di Mongkok.
Le forze dell’ordine hanno provato ad allontanare i manifestanti muniti di ombrelli, adoperati per ripararsi dai manganelli e dagli spray al peperoncino, ma sono state allontanate.
Andy Tsang Wai-hung, capo della polizia, ha difeso così l’uso della violenza: “La polizia è stata molto comprensiva nelle ultime due-tre settimane, nonostante gli atti illeciti commessi dai dimostranti. Lo abbiamo fatto nell’aspettativa che potessero acquietarsi. Purtroppo questi manifestanti hanno scelto di seguitare con i loro atti illegali e sono diventati ancora più estremisti e aggressivi”.
La seconda carica del governo di Hong Kong, Carrie Lam, ha annunciato che la discussione con gli studenti, che reclamano nelle strade da tre settimane, avrà luogo questo martedì. Lam ha precisato che lei stessa sarà al primo meeting dell’invocato dialogo sulle modifiche politiche con i giovani, con altri quattro componenti del governo. Gli studenti, dal canto loro, delegheranno cinque rappresentanti. L’incontro sarà mandato in onda in diretta televisiva, ha aggiunto Lam.
Sembra, però, che a Pechino abbiano fretta di risolvere la questione, senza tuttavia arretrare completamente di fronte alle proteste. La paura è che i tumulti che stanno toccando la regione amministrativa speciale possano allargarsi ad altri territori, che vogliono più autonomia.
Sabato sono scesi in piazza circa 9.000 manifestanti, che seguitano a chiedere una riforma della legge elettorale, che consenta la libertà di candidarsi senza il placet di Pechino. Ora è a rischio anche l’inizio dei negoziati con il governo filo-cinese, capeggiato da Leung Chun-ying.
Le 9000 persone si sono riversate per il quartiere di Hong Kong e hanno parzialmente rioccupato Argyle Street fino a Nathan Road, arteria del quartiere adiacente a Kowloon, respingendo la polizia oltre un grande incrocio. Ascoltato dall’agenzia di stampa Euronews, un testimone ha detto: “la polizia è molto brutale, ha usato anche gli ombrelli per picchiarci”.
I leader della protesta si affannano a non cercare lo scontro con la polizia, semmai a voler dialogare con il governo. È stato il capo del Partito Democratico, Lam Cheuk-re, ad accusare le forze dell’ordine, tacciate di provocare sistematicamente lesioni ai manifestanti.
Gli avvenimenti di Hong Kong, infine, sono stati discussi tra il segretario di Stato americano John Kerrye il consigliere diplomatico cinese Yang Jiechi, insieme ad altri temi. La riunione preparava l’incontro a Pechino tra i Presidenti Obama e Xi Jinping, annunciato per il prossimo 12 novembre: le autorità di Pechino sperano che la protesta a Hong Kong sia risolta, senza sfociare in un pernicioso braccio di ferro.
Ci sono temi sui quali gli Stati Uniti e la Cina stanno collaborando, anche se ci sono differenze che stiamo cercando di affrontare in modo idoneo“, ha detto Kerry, che ha ricordato quanto Stati Uniti e Cina stiano già lavorando insieme nel limitare i programmi nucleari di Iran e Corea del Nord e condividano l’obiettivo di bloccare gli estremisti islamici, il cambiamento climatico e l’ebola.
Riteniamo di dover seguitare a collaborare per rinsaldare la nostra la stima reciproca e focalizzare i nostri sforzi nelle aree di più intensa cooperazione – fa notare Yang – mentre, sulla base del mutuo rispetto, tentiamo di gestire le differenze fra di noi“.