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Ciclabili di Trento? Niente cartelli e raccordi

Trento si vanta di essere una delle città in cui lo spirito delle due ruote a pedale è più sentito, in Italia, e questo è vero dato che ci sono oltre 70 km di corsia per le due ruote (e per certi versi in proporzione al resto d’Italia, grazie alle nordiche ispirazioni, è vero anche per mentalità). Premesso questo, un ciclista, a Trento, è al sicuro? A parlarVi è una grande appassionata di pedali, che compra più biciclette che jeans e che ogni giorno, da Maggio a Ottobre, non tralascia il “giro per favorire la circolazione” e il “giro per tenere a bada la ciccia”. Sono scuse per andare in giro in bicicletta, con il sole in faccia, con la gente intorno. Ovvio.
Prove su prove, itinerari e diverse opzioni per stabilire che NO, un ciclista a Trento non può viaggiare al sicuro. Per uscire da qui, treno a parte, non ne parliamo. Un terno al lotto, da pre accordo con il Pronto Soccorso. I motivi per cui si può dire che a Trento in cuclista sulle ciclabili non è al sicuro sono parecchi ma alcuni vizi di forma nella concettualità della bicicletta alla trentina saltano subito all’occhio. Come i moschini in ciclabile. Giusto per dare un tono colorato alla questione.
Mancano – ad esempio – i raccordi, per cui ci si trova al Castello del BuonConsiglio piuttosto che a Man, piuttosto che in Via Bolzano o Melta dove si deve per forza condividere il tratto di strada con automobili e motocicli (già si è superata la convivenza con il pedone che non è sempre rose e fiori). Ebbene: questi tratti sono dei più stretti e trafficati, laddove manca il raccordo perché non c’è lo spazio per la corsia, ci sono molti pericoli che non sono limitati (dossi limitatori, semafori rallentatori, cartelli che segnalino la presenza del ciclista).
Proprio su questo aspetto relativo alle ciclabili vale la pena soffermarsi: in tutta la città non è segnalata la presenza del ciclista, che si trova effettivamente da solo in mezzo a piccole stradine a due corsie dove non sa che cosa fare, se mettere le ali, lasciare bestemmiare gli automobilisti oppure declinare sul piano B, il marciapiede, dove rischia la multa ed è sempre tra le scatole.
Molti ciclisti non badano al problema, sferragliano in carreggiata, mettendo in pericolo se stessi e turbando gli altri. Personalmente più spesso NO.. preferendo la salute alla gloria.
Non parliamo poi della segnalazione delle corsie in vicinanza: un ciclista che non fosse nato qui e sempre residente qui non la troverà MAI. E questo deve essere un problema in generale, di Trento, non si trova segnaletica, le piste non sono indicate, nessuna freccia, tipico silenzio autoctono con alone di mistero. Insomma, già trovare dove siano è miracoloso. Quanti segreti queste ciclabili.
Tuttavia, il nesso, per tornare “a bomba” è che l’Amministrazione Comunale potrebbe valutare di investire di in sicurezza: Trento è assolutamente comoda più per le due ruote che per le quattro, ma manca di sicurezza. Dove ai mezzi si potrebbe sostituire la bicicletta non viene fatto – ne sono quasi certa – perché non si riesce ad avere la flessibilità e ci sono troppe zone d’ombra che disincentivano la scelta. Allora, se come vediamo tutti i giorni, i giovani usano la bicicletta, si spostano, vanno a scuola, al lavoro, con questo mezzo; se come vediamo gli immigrati, per necessità e virtù, frequentano le piste; se come accade in Nord Europa, i giacca e cravatta con la 24 ore usano la bici, perché non mettere in sicurezza anche i ciclisti di Trento?
Di Martina Cecco

Riguardo l'autore

martinacecco

Giornalista e blogger. Collaboro con il web in rosa di Donnissima. Dirigo Secolo Trentino e Liberalcafé. Laureata in Filosofia presso l'Università degli Studi di Trento. Collaboro con un Progetto sperimentale di AI.