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Società

Educazione civica a scuola, i sindaci italiani vogliono che diventi disciplina autonoma

E’ partita il 20 luglio la raccolta firme per la proposta di legge d’iniziativa popolare sostenuta da Anci che prevede l’introduzione dell’ora di educazione civica nelle scuole di ogni ordine e grado. La proposta dovrà essere consegnata in Parlamento entro il 31 dicembre 2018 e prevede che l’insegnamento possa essere affidato ai docenti abilitati nelle classi di concorso per l’italiano, la storia, la filosofia, il diritto e l’economia.
L’iniziativa è partita dal Comune di Firenze ed è volta ad incrementare la conoscenza dei principi costituzionali, la consapevolezza rispetto ai beni di tutti e il senso di appartenenza alla comunità nelle nuove generazioni. Non solo: tra gli obiettivi principali, anche lo studio dei diritti umani, l’educazione digitale, l’educazione ambientale, elementi fondamentali di diritto ed educazione alla legalità.
Troppe volte assistiamo a chi butta carte o cicche per terra, troppe volte vediamo chi viola le regole del codice della strada o manca di rispetto agli altri. Tutto questo deriva dalla mancata considerazione effettiva delle regole minimali di cittadinanza” sostiene Dario Nardella, sindaco di Firenze.
In Italia, il secondo dopoguerra è stato caratterizzato proprio dall’introduzione dell’insegnamento di educazione civica come rimedio al precedente indottrinamento fascista. Tuttavia, la disciplina non divenne mai una vera e propria materia per evitare che si trasformasse in propaganda politica.
Fu Aldo Moro, nel 1958, ad introdurre due ore al mese obbligatorie di educazione civica nelle scuole medie e superiori affidate al professore di storia. Moro era convinto della necessità di rendere consapevoli le nuove generazioni delle raggiunte conquiste morali e sociali che costituivano “sacro retaggio del popolo italiano”.
Negli anni, l’insegnamento ha cambiato nome e ambito di collocazione: nel 1979, l’insegnamento della Costituzione venne relegato solo alla terza classe della scuola media e nel 1985 cambiò nome in “Educazione alla convivenza democratica” all’interno della materia “Studi sociali”.
Nel 2003, la Moratti propose la “Educazione alla convivenza civile” nella scuola primaria. E’ il 2008 quando la Gelmini cambia il nome in “Cittadinanza e Costituzione” basata su cinque punti: educazione ambientale, educazione stradale, educazione sanitaria, educazione alimentare e Costituzione Italiana.
Ad oggi, non si parla di una vera e propria disciplina, ma di un insegnamento interdisciplinare affidato ai docenti di materie umanistiche senza testi obbligatori, solo “consigliati”. I docenti, però, preferiscono portare a termine i programmi delle proprie materie, piuttosto che dare spazio ad una materia appendice come l’educazione civica.
Dopo l’episodio di bullismo in una scuola di Lucca, Matteo Salvini aveva proposto di riportare l’educazione civica nelle scuole per poter placare la violenza. Sulla stessa lunghezza d’onda la proposta presentata dalla Lega a inizio giugno sull’insegnamento dell’educazione civica a cadenza settimanale nelle scuole primarie e secondarie, con un focus specifico sull’educazione alla legalità e il contrasto al bullismo, l’educazione ambientale, stradale, alimentare e il contrasto delle dipendenze.
Ispirati da modelli fluidi e sprovvisti di punti di riferimento, i giovani di oggi avrebbero bisogno di ritrovare nella scuola quella guida in grado di insegnare una cultura edificante anche a livello morale, non solo intellettuale.
Si tratta di sviluppare nei ragazzi quel senso civico che li porti a comprendere che l’osservanza delle regole non è limitante, che il rispetto degli altri non è per i deboli e che la conoscenza dei propri diritti e doveri li schiererà, un giorno, dalla parte giusta.
di Antonella Gioia