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Società

Ubi dignitas?

Diciamolo apertamente: l’uomo necessita del piacere del sesso e della carne; il pensiero e la ragione convivono con l’istinto animale, e dev’essere soddisfatto anch’esso: la nostra vita non può trascorrere nella sola contemplazione o nella mera ricerca della virtù perfetta. Il nostro corpo ha bisogno di vivere, proprio come la nostra anima, e trascorrere una notte di passione carnale è l’attimo più vicino all’estasi che l’uomo possa provare.

Ne parlava già Platone nel Simposio: l’unione dell’uomo e della donna è il tentativo per eccellenza di ritrovare quell’unità semidivina spezzata dalla loro tracotanza quando tentarono l’ascesa all’Olimpo per usurpare Zeus dal trono degli dei fallendo miseramente.

Il sesso è presente nella cultura dell’uomo, fin dalle sue origini. Così come la prostituzione: è il mestiere più antico del mondo dopo tutto; in diverse religioni, poi, non è mancata la prostituzione sacra, che avveniva nei templi dedicati a questa o a quest’altra divinità. Anche se accanto ad essa si trovavano già degli ordini sacerdotali dediti alla castità, come le vestali a Roma.

Oggi, però, la prospettiva è cambiata radicalmente. Stiamo assistendo allo sdoganamento del sesso: la sessualità è vissuta senza intimità e mistero, questo grazie anche alla facilità di reperibilità in internet di materiale pornografico. E pure la prostituzione sta mutando il suo paradigma e la sua percezione dall’esterno: c’è la consapevolezza che sia lo squallido sfruttamento per eccellenza del corpo di una persona; non mancano, però, le voci di chi sostiene che sia, invece, un lavoro come un altro.

Forse è necessario chiarire un punto: che la prostituzione sia legalizzata o meno, che sia volontaria o costretta, il fenomeno esisterà fintanto che l’uomo abiterà sulla Terra.

Sognare un mondo o una società dove la prostituzione sia assente significa illudersi di un’utopia che non si realizzerà mai: gli istinti animali dell’uomo saranno sempre presenti; il sesso è uno di quelli: dietro non c’è solo il fine della riproduzione e del prosieguo della specie, ma anche il puro godimento carnale e il soddisfacimento del desiderio. Siamo uomini, e nulla di ciò che è umano dovrebbe esserci alieno.

Eppure la prostituzione come fenomeno in sé si colloca in un punto problematico: soprattutto quando è volontaria, perché entra in gioco il problema spinoso della dignità, che si può condensare facilmente nella domanda “fino a che punto un’azione è dignitosa?“.

È proprio nella ricerca della risposta che si incontrano diversi pareri e altrettante opinioni. La logica libertaria e radicale prevede la totale libertà di scelta di ciascun singolo individuo; se c’è il libero arbitrio, c’è anche la dignità.

Non è una posizione da prendere alla leggera: è assente qualsiasi morale o tentativo di delineare una posizione etica rispetto alla vita e al comportamento dell’uomo. È in antitesi rispetto a qualsiasi sistema valoriale o risultato della filosofia, in special modo di quella antica.

Lo stesso Aristotele nella sua Etica Nicomachea non lascia scampo alla massa – che si dedica all’eros e al materialismo più becero e ignobile – che la paragona ad uno schiavo assoggettato alle sue catene. Perché è così: viene sopraffatta dagli istinti animali tralasciando la ragione; chi si prostituisce volontariamente è, perciò, sotto questo punto di vista, inconsciamente soggiogato alla logica istintuale.

È quindi un bene cedere il proprio corpo per soddisfare un bisogno di uno sconosciuto, guadagndovi sopra? Sarebbe così semplice rispondere con un secco no. Ma nell’epoca del relativismo e del nichilismo, tutto è in discussione; con l’uomo che è misura di tutte le cose, nulla è più sacro: né la persona, né il sesso. O tempora, o mores.

Alessandro Soldà