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A noi la tattica, alla Croazia il talento

Si è concluso il Mondiale di Russia 2018 che ha visto la Francia trionfare per 4-2 ai danni della Croazia.
Una finale dominata a lungo dai croati, sfortunati in occasione dei primi tre gol dei “galletti”transalpini, complici infatti una deviazione sfortunata di Mandzukic, un lieve tocco di mano di Perisic che ha causato il rigore del 2-1 ed un paio di rimpalli vinti da Pogba in occasione del 3-1, la coppa più ambita del calcio torna in Francia dopo 20 anni, da quel Francia Brasile 3-0, da quella magica doppietta di Zinédine Zidane.
È stata una finale inedita, e soprattutto una finale tra due paesi molto diversi tra loro. La Francia, con i suoi 65 milioni di abitanti, forte di un organico di grandissimi giocatori provenienti dalle ex colonie, e la Croazia nazionalista con i suoi 4 milioni di abitanti e nonostante una notevole disparità di popolazione, è comunque riuscita a contendersi il trofeo più importante, anche grazie ad una quantità di talento di calciatoti decisamente invidiabili.
l’Italia in tutto questo come si comportava? Complice anche una antica e sempre attuale rivalità con i francesi, si è schierata per la stragrande maggioranza a favore della squadra Croata, risultando infatti una delle squadre preferite degli italiani per via anche dei moltissimi giocatori che hanno militato o militano nella nostra serie A.
Ci si dovrebbe interrogare però del perché in 4 milioni di abitanti i croati riescano ad avere 23 giocatori forti ed affamati da giocarsi una finale di un mondiale, e l’Italia con 60 milioni, dal post 2006, ha visto gli azzurri sempre eliminati ai gironi, o come per Russia 2018, nemmeno qualificarsi.
Le risposte possono essere di molteplice e varia natura, alcune persone sostengono che i giovani di oggi siano troppo “viziati” e disconnessi con la realtà, che giochino a calcio solamente per combattere la noia, per sfogarsi nel dopo scuola e non più per vero e proprio amore per il calcio, giocano per la compagnia e non più per diventare calciatori affermati. Altre persone come per esempio l’ex stella dell’Inter Mazzola, ha analizzato con semplici e dirette parole il problema delle nuove generazioni di calciatori: le scuole calcio, gli allenatori e la tattica. Mazzola infatti si è soffermato sul fatto che adesso nelle scuole calcio ai ragazzi vrngono insegnati troppi schemi e tatticismi, troppi moduli e numeri ed invece viene precluso il fattore tecnico, l’estro la giocata del campione, quello che fin dai sui tempi ha contraddistinto i nostri fantasisti.
Con un più ampio concetto, si può anche dire che l’Itali, così facendo, abbia perso tutta quella generazione di calciatori tra la fine degli anni 80 e l’inizio dei 90, con qualche rara eccezione e tanti grandi rimpianti.
Certamente i giocatori croati sono nati tutti vivendo o scappando dalla guerra dei Balcani e dalla distruzione della ex Jugoslavia, e dunque hanno visto nel calcio la sola via di fuga e salvezza da una prospettiva di vita davvero poco rosea. Questa però non è, e non deve essere una attenuante per la crisi intera del nostro movimento calcistico, che urge di immediate riforme fin dalle scuole calcio, nella speranza un giorno di dover scegliere un solo giocatore su tre al quale affidare la maglia numero 10 della nazionale, come accaduto nel 2002 quando se la contesero Totti, Del Piero e Baggio, con il divin codino lasciato addirittura a casa. Non sarà un percorso ne veloce e nemmeno facile, ma occorre iniziare al più presto a tornare ad insegnare la tecnica ai giovani, se vogliamo tornare ad essere noi i protagonisti dei prossimi mondiali.
Adorno Daniele