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Bonucci e la nuova immagine del capitano

Dopo un anno di montagne russe iniziato con entusiasmo e finito con delusione, Leonardo Bonucci ha lasciato il Milan per un clamoroso ritorno alla Juventus, lo stesso Bonucci che un anno fa venne esaltato come un grande acquisto – e sulla carta lo era visto i 42 milioni di euro spesi per strapparlo proprio ai bianconeri – facendo esplodere l’entusiasmo di un rinnovamento che ha tradito completamente le attese, in cui Gattuso è riuscito a limitare i danni.
Al difensore viterbese era stata anche affidata la tanto discussa fascia di capitano, affidandogli un compito preciso: ricompattare il reparto difensivo e lo spogliatoio, ovvero quello che ci si può aspettare da un capitano, ma non è andata esattamente così. In questa trattativa è stato inserito anche l’ex atalantino Caldara, che dovrebbe andare in prestito ai rossoneri nel caso Bonucci ritorni a Torino. Un colpo di scena che lascia esterrefatti soprattutto i tifosi juventini, soprattutto perché molti di loro non hanno ancora perdonato al difensore la scelta di andare al Milan e l’esultanza dopo il gol all’Allianz Stadium contro la Juve, nello scorso campionato.
A inizio luglio Gigi Buffon ha scelto di giocare nel Paris Saint Germain per affrontare una nuova sfida nonostante i 40 anni, rinunciando di chiudere la carriera alla sua amata Juventus, squadra di cui era e rimarrà, forse, comunque la bandiera. Anche Cristiano Ronaldo rappresentava il “madridismo” in un Real Madrid che ha vinto tanto anche grazie a lui, ma dopo 9 anni, ha lasciato i “blancos” per  raggiungere Torino, una città che quest’estate è diventata il punto di incontro dove passano campioni e capitani, discussi e amati, facendo sorridere e arrabbiare i suoi tifosi. Probabilmente è proprio l’arrivo di CR7, o almeno così dicono le malelingue, ad aver fatto crescere una nostalgia bianconera in Bonucci, cercando contatti con la sua ex società che lo ha sempre apprezzato, ignorando l’impegno preso come capitano del Milan, ruolo per cui aveva spinto anche lui assieme alla società, ergendosi, in qualche modo, come il possibile punto di riferimento nello spogliatoio e in campo, per poi deludere le forti aspettative iniziali. Il fallimento è comprensibile per un capitano di una qualsiasi squadra, non è un supereroe invincibile, ma quando si perde o comunque si hanno delle colpe è doveroso e giusto prendersi le proprie responsabilità, cosa che non ha fatto Bouncci.
La situazione del difensore può far riflettere su come ormai la figura del capitano si sia plasmata al calcio moderno, basato tanto sui risultati e quindi sul fattore economico. In passato si trovava nel capitano quella figura che contribuiva a dare stabilità allo spogliatoio ed essere un professionista sia fuori che dentro il campo. Oggi non è più così e per diversi fattori. Quello che si può considerare il primo segnale di questo cambiamento è stato mandato da Paolo Maldini, rimanendo in ambito Milan, che nel 2009 criticò l’atteggiamento dei tifosi della Curva Sud, accusati dall’ex difensore e capitano dei rossoneri di non sostenere la squadra nei momenti difficili e di criticarla in maniera ingiusta ed esagitata. Il 24 maggio dello stesso anno, Maldini dava l’addio allo stadio San Siro prima di ritirarsi dal calcio giocato e qui trovò la contestazione proprio di alcuni tifosi della Curva Sud, che inneggiavano a Baresi ed esponevano due striscioni che dicevano “Grazie capitano: sul campo un campione infinito ma hai mancato di rispetto a chi ti ha arricchito” e “Per i tuoi 25 anni di gloriosa carriera sentiti ringraziamenti da chi hai definito mercenari e pezzenti“. Questo episodio fa capire che tutti sono criticabili, giustamente o non, anche i capitani che vengono condannati di un fallimento che sicuramente li coinvolge, ma di cui loro non sono tra i principali responsabili, esattamente come per un Maldini o come per un Bonucci. Nel calcio di oggi, quando mancano i risultati, crolla l’immagine di una squadra e quindi dei suoi giocatori che diventano oggetti di critiche, meritate o meno, e nemmeno il capitano oggi può esimersi dalla gogna. Un calcio dove, in certi casi, non esiste neanche più il rispetto per chi ha dato tanto per una maglia e, in virtù di ciò, si può citare quello che è successo al 34enne James Collins, difensore per 11 anni del West Ham, scaricato dalla società via e-mail, secondo il Mirror, nella quale si legge che non rientra nei piani della stagione 2018/19. Questo a far capire una volta di più come spesso il calcio di oggi non guarda in faccia nessuno.
In Italia si sente rievocare la figura delle bandiere di una squadra come un valore di perso ed effettivamente è così. Dopo l’addio di Totti, si ha la sensazione di aver perso qualcosa in favore di altro, di aver perso la potenza dell’immagine di un capitano di qualsiasi squadra e tutto ciò che comporta – l’educazione all’impegno e alla dedizione, l’idea che si ha di un professionista e la foto romantica di un calciatore che prima di esserlo è soprattutto un uomo – e di aver guadagnato figure con un talento splendido, ma brutalmente opposte alle figure passate. Nel mondiale di quest’anno in Russia, i rispettivi capitani del Brasile e dell’Argentina sono stati Neymar e Messi, due meravigliosi ed imprescindibili giocatori, ma per nulla carismatici e adatti a sopportare la pressione del mondiale e, di conseguenza, della fascia di capitano, ma proprio quest’ultima sarebbe dovuta servire proprio per rinvigorire l’immagine delle nazionali tramite quella delle loro stelle tanto amate dal pubblico, fallendo per motivi diversi e non per colpa loro.
L’immagine, i risultati e i soldi testimoniano come un Buffon non abbia voluto concludere la carriera alla Juventus o come di come proprio Bonucci forse non continuerà, nel bene o nel male, la carriera nel Milan e molti tifosi si girano dall’altra parte, preferendo ricordarsi di Totti, di Maldini, di Del Piero, di Baggio, che 12 anni fa il cielo era azzurro sopra Berlino, che il Milan ha vinto sette Champions League e che l’Inter ha vinto il triplete. Tutto questo passato serve a negare la realtà dei fatti di oggi e cioè che non si è fatto nulla per creare una nuova generazione di campioni e di capitani, preferendo seguire il cambiamento che il calcio moderno stava attuando a favore dell’immagine e senza farlo neanche troppo bene. Quando si prenderà coscienza di tutto questo, si potrà attuare il vero cambiamento senza sacrificare qualcosa per forza in favore dei soldi, nemmeno i capitani.