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Filippo e Simone: le rivincite degli Inzaghi

Con la partita di ieri pomeriggio, Filippo Inzaghi non può vantarsi di aver vinto il Triplete: il suo Venezia, infatti, non è riuscito a ribaltare il 2-0 iniziale col Foggia, consegnando ai pugliesi la Supercoppa italiana di Lega Pro.
Certo, questo non può mettere in ombra l’operato eccezionale del tecnico piacentino: i lagunari, infatti, hanno vinto il girone A della Lega Pro e la Coppa Italia di categoria, permettendo la conquista di due titoli che rilanciano incredibilmente la figura di Inzaghi allenatore.
La carriera di Filippo, infatti, si era un po’ arenata dopo la brutta esperienza col Milan, squadra della quale è diventato una bandiera conquistando 10 titoli in 11 anni di fiera militanza rossonera. Appena terminata la carriera da calciatore, Inzaghi si era subito messo al lavoro come allenatore nel settore giovanile del Milan, conquistando anche il Torneo di Viareggio, una delle maggiori competizioni calcistiche giovanili al mondo, nel 2014.
Il salto in prima squadra non è stato però esaltante: solo 52 punti raccolti, con il 10° posto complessivo, sono troppo poco per il Milan. Certo, bisogna dire che si trattava forse del peggior Milan mai costruito nell’era Berlusconi, ma in ogni caso Inzaghi non ha saputo trovare quella miccia da accendere in un gruppo di professionisti apprezzati in diversi campionati.
Niente di simile, invece, è accaduto a Venezia: una piazza ambiziosa, ricca (il presidente americano Joe Tacopina promette la A e lo stadio di proprietà in breve tempo) e assolutamente preparata per la categoria ha trovato in Pippo Inzaghi una guida capace di tenere sempre alte le motivazioni, trascinando la sua banda di ragazzi giovanissimi, affiancati da un nutrito gruppo di giocatori con tanta esperienza, come ad esempio Maurizio Domizzi, ex-Udinese, o Simone Bentivoglio, ex-Chievo.
Nonostante i tanti successi, però, è la stella del fratello Simone quella più luminosa in casa Inzaghi. Partendo con ordine, Simone Inzaghi, sotto contratto con la Lazio sin dal lontano 1999, era in procinto di andare alla Salernitana, altra società controllata (indirettamente) dal presidentissimo Lotito. Alla Lazio doveva andare uno di quei santoni del calcio moderno, con tanta filosofia e poca sostanza: Marcelo Bielsa.
Il tecnico cileno, però, molla il progetto prima ancora di cominciarlo: trovandosi ormai in fase di preparazione atletica, Lotito decide di confermare il fratello “scarso” (in campo) che nella stagione precedente aveva sopperito all’esonero di Stefano Pioli portando ai biancocelesti 12 punti in 7 gare, superando sul filo di lana il Chievo di Rolando Maran e centrando così l’ottavo posto.
La scelta, molto casuale, si rivela però di una lungimiranza straordinaria: la Lazio si conferma una delle migliori squadre del campionato, raggiungendo il quarto posto con il quarto miglior attacco del campionato, con ben 73 reti all’attivo. Non solo, i ragazzi di Inzaghi “S.” eliminano anche i cugini della Roma in semifinale di Coppa Italia, prima di perdere la finale casalinga all’Olimpico contro una straripante Juventus.
Ma la perenne competizione non ha mai indebolito il rapporto fraterno tra i due: Filippo ha dichiarato infatti di essere sempre in ansia per i risultati del fratello, e di essere “caricato” da una sua eventuale vittoria; un rapporto protettivo che dura sin da quando erano bambini, quando, con le braccia intorno al fratello Simone, Filippo veniva fotografato. “Sono il fratello maggiore, lo difendevo e se non lo facevano giocare perché era piccolo, non giocavo io sino a quando non ci accontentavano. E’ un rapporto ombelicale, molto stretto“, ha dichiarato ai microfoni di Gianluca Di Marzio,
Che sia un caso oppure no, che sia merito del cordone ombelicale che tiene gli Inzaghi ancorati l’uno all’altro, Filippo e Simone esplodono definitivamente nello stesso anno, pronti ognuno a nuove sfide: Filippo a tentare il doppio salto, stavolta dalla B alla A, con il suo Venezia; Simone a fare della Lazio una squadra ancora più vincente e, perché no, tentare la conquista di quell’Europa League che manca all’Italia da ben 18 anni, quando trionfò il Parma di Alberto Malesani, un frammento indimenticabile di storia calcistica italiana.
Riccardo Ficara