Insomma alla fine la vicenda che ha coinvolto la povera Giulia sembra sia giunta al termine con la cattura del suo assassino.
Ora mille interrogativi restano, mille analisi saranno fatte ma, prima di tutto e senza la pretesa di voler fare analisi sociologiche o psichiatriche, il mio pensiero corre ai genitori dell’assassino. Quei genitori che vedono certificato il loro fallimento proprio in quanto genitori.
E non mi si venga a dire che può succedere a tutti. No non deve succedere. Non si può non conoscere il proprio figlio.
Si badi bene: questo non vuole essere un alibi per l’assassino. Deve pagare pagare per quello che ha fatto e chi scrive aborra la pena di morte ma sogna pena certa ed a vita. La deterrenza dell’ergastolo, quando è vero, duro, è maggiore dell’obblio della morte.
Ma è importante riflettere in merito alla funzione della famiglia nella società di oggi. Quali i valori trasmessi in questo caso?
Quali le responsabilità delegate?
Oggi tutti noi piangiamo Giulia ma evitiamo l’ipocrisia delle scarpette rosse e dei messaggi buonisti. Per favore, evitiamo!
Concentriamoci piuttosto nel cercare di capire quanti nuovi potenziali assassini stiamo allevando. Quanti uomini deboli ed insieme violenti stiamo educando?
Al netto del becero politically correct, quanti e quali valori fondanti stiamo trasmettendo alle nuove generazioni? Noi che ci indigniamo e che invochiamo giustizia sommaria cosa stiamo facendo in realtà?
Questi gli interrogatori che, io per primo, mi pongo.