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Società

PROSTITUZIONE: CONCORRENZA SLEALE?

Amnesty International ha recentemente lanciato un appello per depenalizzare la prostituzione, accodandosi a tante proposte di regolarizzazione della pratica, provenienti anche dal nostro paese.

Al riguardo è intervenuta Sarah Greenmore, una “sex worker” del Moonlite Bunny Ranch, uno dei più noti bordelli del Nevada, dove la prostituzione è legale. Raccontando la sua vita ha anche riportato i suoi turni lavorativi: ricevendo circa 7 clienti a notte è arrivata a racimolare una cifra di 10.000$ in due settimane.

Interessante è analizzare il tipo di clienti: la maggioranza sono giovani ragazzi, per liberarsi dal “blocco mentale” della verginità. Ma non mancano clienti donne, che però cercano più intimità e compagnia che un rapporto fisico.

Sarah racconta anche dell’importanza per lei della sicurezza, dichiarando che per lei è obbligatorio il preservativo, registrando il sesso sicuro tra le (poche) regole della sua professione.

E in Italia? In Italia mentre certe forze politiche (la Lega in maniera più aperta) continuano la battaglia parlamentare per abolire la legge Merlin e per tassare la prostituzione, un aspetto importante e significativo del “mercato del sesso” lo troviamo a Napoli.

Infatti le prostitute italiane (insieme a quelle provenienti dai Balcani e dall’Africa) della città partenopea si sono lamentate della concorrenza sleale operata dalle colleghe cinesi. Scontro che spesso porta a colluttazioni violente tra prostitute.

Ciò di cui le “operaie del sesso” si lamentano è il prezzo troppo basso registrato dalle ragazze cinesi (20€ per un rapporto orale, 40€ per uno completo, raccontano gli intervistati). Le lucciole cinesi devono avere tra i 18 e i 40 anni per poter lavorare, durante il giorno lavorano (apparentemente in piena legalità) nei centri benessere, mentre la notte sono attivi nelle vie di Napoli meno controllate.

E chi guadagna da tutto questo? Ovviamente comandanti invisibili, che dal lavoro di queste “formichine operaie” racimolano centinaia di migliaia di euro, lasciando le briciole alle ragazze. Che poi proprio briciole non sono, dato che la “busta paga” media si aggira intorno ai 3000 €, e dal momento che le candidature di cinesi per entrare in questo giro aumentano, evidentemente il lavoro è economicamente remunerativo.

Un altro esempio, insomma, di come l’ottusità riguardo questo tema stia solamente aiutando le mafie a tenere banco e a spadroneggiare in un mercato chiuso, al quale invece lo Stato potrebbe partecipare, portandone a casa una notevole fetta.

Riccardo Ficara