La pedofilia non sarebbe più da considerarsi come una malattia, come da sempre sostenuto, bensì un “orientamento”. Così si era espressa l’Associazione degli psichiatri americani, una delle più importanti associazioni scientifiche del mondo. A riportarlo, in un articolo del 2013, anche Il Foglio, che oggi ha riproposto la notizia suscitando l’ennesima dose di scalpore.
«Il desiderio sessuale verso i bambini è un orientamento» come gli altri, si leggeva. Una dichiarazione che letta così risulterebbe aberrante a chiunque, ma non se a dirlo – con tono scientifico di chi poteva ritenerla quasi del tutto normale – è l’APA (l’Associazione degli psichiatri americani) che nel DSM 5 del 2013 distingueva, sempre secondo quanto riportato dalla stampa internazionale, tra pedofilia e atto pedofilo: «solo l’atto sessuale viene considerato “disordinato” per le conseguenze che ha sui bambini».
Insomma, le dichiarazioni dell’associazione degli psichiatri apparivano come una vera e propria rivoluzione socio-linguistica agli occhi della stampa. Una battaglia iniziata all’incirca dieci anni prima attraverso una vera e propria “declassificazione” della pedofilia (termine, così come riportato nel vecchio DSM 4, che identifica un «individuo che manifesta la preferenza ai rapporti sessuali con bambini, sotto i 13 anni o che non abbiano raggiunto la pubertà, che abbiano al minimo 7 anni in meno»), proprio con la modifica del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali secondo cui da “malattia” passava a “disordine”.
A fare un po’ di chiarezza ci aveva provato subito Giornalettismo, chiarendo che si trattava di una bufala. Tuttavia, l’ulteriore passo in avanti degli psichiatri, che nel nuovo e aggiornato DSM 5 avevano definito la pedofilia non più un “disordine” ma un vero e proprio “orientamento”, non era del tutto privo di fondamento.
Ed effettivamente la rettifica era arrivata subito dopo, precisamente attraverso un comunicato stampa in cui la stessa APA – forse consapevole della gravità del passo fatto – sosteneva che, erroneamente, nel DSM 5 si parlava di “interesse sessuale” e non di orientamento così come inizialmente riportato: un errore o un un modo per fare semplicemente “marcia indietro” su una questione – sollevata e denunciata dalla stampa – tanto spinosa? Ma nemmeno il tempo di chiarire che subito si era mosso chi, in tono liberal, cominciava a parlare di “destigmatizzazione della pedofilia”. Altra benzina sul fuoco che certo non aiutava nel placare gli animi.
Dal canto suo la stampa conservatrice americana, parlando di “mainstreaming della pedofilia” e della sua definitiva normalizzazione, rispondeva in tono polemico muovendo accuse, secondo l’APA, “prive di fondamento”; poiché nonostante nella discussione sui criteri diagnostici (p. 698) definisse la pedofilia come “orientamento sessuale”, aveva tuttavia rettificato chiarendo che si fosse trattato di un errore di classificazione (ndr. un errore sostituito da “interesse sessuale”). Accuse comunque del tutto comprensibili per chi, in maniera decisamente scettica, forse non riusciva a comprendere come una cosa come la pedofilia potesse arrivare ad essere considerata un semplice “orientamento”.
Tra i primi a denunciare il “passo in avanti” compiuto dagli psichiatri americani nel DSM 5 anche l’Associazione cattolica, che accusava: «Come l’APA dichiarò negli anni Settanta che l’omosessualità era un orientamento sotto la forte pressione degli attivisti omosessuali, così ora sotto la pressione degli attivisti pedofili ha dichiarato che il desiderio sessuale verso i bambini è un orientamento», facendo evincere che il cambiamento, così come per il DSM4, fosse stato dettato dalla spinta propulsiva degli studi di Alfred Kinsey, il guru della rivoluzione sessuale occidentale che ha ispirato molti studi psichiatrici in campo sessuale: modifiche che fecero apparire la pedofilia un semplice “amore intergenerazionale”, come tenne a sottolineare nel suo articolo Il Foglio.
Si riportò anche la tesi secondo cui nel 1998, sempre secondo quanto pubblicato nel “Bollettino di psichiatria” dai professori Bruce Rand della Temple University, Philip Tromovitch della Università della Pennsylvania e Robert Bauserman della Università del Michigan, «l’abuso sessuale su un bambino non necessariamente producesse conseguenze negative di lunga durata».
Inutile dire che le numerose proteste mosse dall’opinione pubblica spinsero l’APA a ridefinire il tutto come ad un “disordine pedofiliaco”.
Sempre secondo quanto dichiarato nella nota di rettifica del 31 agosto 2013, i criteri diagnostici dal DSM 4 al DSM 5 rimanevamo immutati: semplicemente la pedofilia veniva identificata come “pedophilic disorder”. In italiano erroneamente interpretato come “disordine” e non “disturbo”. Questo, secondo l’APA, aveva pertanto fatto pensare nuovamente ad una declassificazione, che tuttavia non era.
Ma a volerci vedere chiaro in questi anni sono stati in diversi, specie per alcuni dubbi che ancora permangono sulla questione: il fatto che la pedofilia, nel documento accompagnatorio dell’APA, sia diventata “disturbo pedofiliaco” – cosa che di fatto poteva far pensare ad una normalizzazione del fenomeno – fa si che la stessa non venga classificata più come psicopatologia. Una vera e propria contraddizione per l’APA, che asseriva al fatto che nessun cambiamento riguardante la pedofilia fosse invece avvenuto tra la precedente e l’attuale edizione del DSM.
Un cambiamento pertanto c’è stato, anche se solamente linguistico. Ma perché cambiare “orientamento sessuale” in “interesse sessuale”? Che si sia trattata di una semplice svista in molti ancora faticano a crederlo.
di Giuseppe Papalia
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