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Procreazione assistita. Per il giudice: “donna potrà impiantarsi gli embrioni dell’ex marito anche se lui non vuole”

I protagonisti di questa vicenda sono una coppia, marito e moglie, che avevano deciso di ricorrere alla PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) per cercare di avere un bambino. Il primo tentativo però non era andato a buon fine e, con il passare del tempo, le strade dei due si erano divise ed il matrimonio era finito.

E’ giusto che una donna possa procedere all’impianto di alcuni embrioni che aveva precedentemente congelato insieme all'(ormai) ex marito anche se lui ora non vuole?

Sì, almeno questo è quanto ha deciso il Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere che sulla vicenda si è pronunciato in favore della donna, con una sentenza destinata certamente a creare numerosi strascichi.

I protagonisti di questa vicenda sono una coppia, marito e moglie, che avevano deciso di ricorrere alla PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) per cercare di avere un bambino. Il primo tentativo però non era andato a buon fine e, con il passare del tempo, le strade dei due si erano divise ed il matrimonio era finito.

Nonostante la fine del matrimonio però, la donna non aveva smesso di desiderare un figlio decidendo di continuare il percorso intrapreso in precedenza da sola. Stante la contrarietà dell’ex marito a tale operazione, la donna aveva deciso di passare alle vie legali per poter utilizzare gli embrioni congelati in precedenza.

Il Tribunale, dopo aver analizzato la vicenda, ha dato ragione alla donna, asserendo che il consenso dato per la Procreazione Medicalmente Assistita non fosse revocabile e come la donna avesse tutto il diritto di disporre di quegli embrioni per cercare di avere un bambino, anche da sola.

Come riporta ANSA, sulla vicenda è intervenuta direttamente la protagonista di questa storia affermando: “La mia è stata una battaglia anche per tante altre donne: credo in coscienza di aver fatto qualcosa di utile per tutte quelle donne nella mia situazione, e per i tanti concepiti in provetta congelati, a cui la legge fino ad oggi non consentiva alternative”.

La donna ha inoltre specificato di non aver preso tale decisione con facilità, di aver deciso anche in base al fatto che gli embrioni erano stati creati in un contesto amorevole e di volerli provare a mettere al mondo anche da sola. Non solo, ha anche ringraziato il giudice per aver capito la situazione e averle riconosciuto il diritto di poter tentare.

Sulla vicenda è intervenuto anche l’avvocato dell’ex moglie che ha chiarito come tale sentenza sicuramente farà discutere anche perchè, se il bambino nascerà, l’ex marito sarà tenuto a rispettare tutti gli obblighi previsti dalla legge in quanto sarà riconosciuto come padre legittimo del neonato. E, sulla questione del dissenso dell’uomo, l’avvocato Gianni Baldini ha ulteriormente specificato: “il consenso può essere revocato fino alla fecondazione dell’ovocita. L’uomo, anche dopo la fine del rapporto di coppia e la pronuncia della separazione da parte del tribunale, di fronte alla richiesta della partner di procedere al transfer delle blastocisti nel frattempo crioconservate, non ha alcuna possibilità di revocare il consenso precedentemente prestato e dunque non può giuridicamente impedire alla ‘ormai ex’ di procedere al tentativo di gravidanza. Dunque, in sostanza, l’uomo deve assumere la paternità giuridica, con tutti i relativi obblighi economici e morali, verso un figlio nato anche a distanza di molti anni dallo scioglimento del matrimonio.”

Senza voler entrare nel merito di chi abbia ragione e chi torto in questa vicenda, viene spontaneo chiedersi se abbia senso far nascere un bambino con gli embrioni di una coppia ormai sciolta da tempo e con un padre che ha manifestato apertamente la propria contrarietà alla gravidanza?