Tetto al contante, pagamento col POS. Questi sono i nuovi dibattiti che il governo Draghi ha lasciato in eredità alla nostra discussione politica. Se ne parla da anni, ma con la digitalizzazione passano in primo piano e le argomentazioni sono sempre le solite: trasparenza, lotta all’evasione, comodità. Ma non si parla quasi mai degli effetti a lungo termine di una transizione a una società cashless. Proprio nelle ultime settimane la Corte Suprema britannica ha aperto una class action contro Mastercard per 14 miliardi di commissioni ai clienti dal 2008 al 2015, molto superiori alle tariffe comunicate ai clienti. Nel 2007 un appello di Mastercard alla Commissione Europea è stato respinto per concorrenza sleale. Le commissioni imposte all’esercente, a detta delle banche, vengono imposte per la sicurezza del conto, il costo della carta e l’investimento in innovazione. In Regno Unito, essendo le spese sempre state a carico dell’esercente, pagare con la carta anche meno di una sterlina è la norma. Questo favorisce la predominanza sul mercato delle grandi catene, consegnando i pochi negozietti indipendenti alla preistoria. I pochi che rimangono sono sostenuti dai clienti affezionati che non si rassegnano alla loro estinzione.
Dalla pandemia, tra acquisti online e il vivo consiglio di utilizzare il contactless per evitare il contagio, i pagamenti in contanti si sono ridotti da 40% al solo 14% delle transazioni (8% delle transazioni, senza contare somme minime), per un totale di 1,3 miliardi di sterline spese in sole commissioni. Il governo inglese ha dovuto ammonire le banche sulla disponibilità di contante, principalmente per la popolazione anziana, perché fra orari ridotti, bancomat sospesi e digitalizzazione dei servizi, gli sportelli stanno chiudendo e il pagamento con carta sta diventando forzato. L’antitrust britannico considera che negli ultimi anni le banche dei circuiti di pagamento, come Mastercard o Visa, abbiano applicato una politica di dumping, fino a consolidare il monopolio sui pagamenti, per poi innalzare improvvisamente le commissioni nel post-pandemia. Il governo si prepara a una stretta legislativa sulle commissioni bancarie.
In Italia uno scenario simile è poco probabile, anche perché le commissioni non si sono mai abbassate. Ma rimane il fatto che le commissioni imposte all’esercente sono costi sommersi che possono essere alzati e abbassati a piacimento, senza possibilità d’appello. E i provvedimenti di cui si discute tanto adesso non avrebbero solo l’effetto di rendere la vita particolarmente difficile ai piccoli evasori, hanno anche l’effetto di creare gli obblighi di legge tali per cui si permettono eventuali politiche di dumping, con tutti gli scompensi che ciò crea sul mercato. Con la recente crisi delle assicurazioni (poco regolate rispetto alle banche) e la conseguente rincorsa alla liquidità, la mancanza di contante circolante è diventato un problema tangibile. In Italia, la spinta è nella direzione opposta. Si propone un bonus commissioni per ovviare al salasso, ovvero, lo Stato rimborserebbe il costo delle commissioni all’esercente. Ma al momento in Europa l’unica legislazione a tutela del consumatore di moneta elettronica è la legge sulla concorrenza leale, che l’oligopolio dei circuiti di pagamento non sembra rispettare. E’ evidente, allora, che un qualsiasi obbligo sostanziale di pagamento elettronico debba allora essere corredato da un adeguato tetto alle commissioni.
tetto al contante