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Economia

Il PIL cresce, ma chi produce non guadagna

Secondo l’Inps, il reddito medio dei dipendenti pubblici nel 2021 è stato di 33.598 euro, molto superiore a quello dei dipendenti privati pari a 22.852 ma soprattutto a quello dei commercianti (20.382) e degli artigiani (20.311). La discrepanza fra le categorie di dipendenti colpisce rispetto ai luoghi comuni, ma sopratutto per quanto riguarda artigiani e commercianti. Negli ultimi trempi si parla molto nel dibattito pubblico pubblico di salari minimi, sussidi, ISEE e POS nel dibattito pubblico. Le storture ideologiche che creano le incongruenze di trattamento di varie categorie di lavoro comparabili sono sotto gli occhi di tutti. Come rispecchiato dalle vetrine delle strade principali delle città italiane, sempre più vuote, in ristrutturazione, in affitto o in vendita. Nei quartieri residenziali e le periferie il quadro generale delle imprese è ancora peggiore. Le imprese che si sono assunte il rischio di rimanere aperte durante la pandemia ne pagano ancora il prezzo.

La maggior parte delle imprese italiane sono microimprese o a conduzione familiare, e la difficoltà di commerciare si rispecchia anche negli stipendi dei dipendenti privati. Anche qui, il luogo comune non fa fede alla realtà di una nuova economia. Gli stipendi dei dipendenti privati sono molto minori rispetto al pubblico e spesso godono di molta meno autonomia e meno garanzie sul lavoro. Nemmeno per i dipendenti pubblici le cose vanno benissimo. Il moltiplicarsi dei tipi di contratto di lavoro rende difficile quantificare gli introiti effettivi rispetto al lavoro svolto, o alla qualità della vita di un dipendente. Anche all’interno della “serie A” dei lavoratori esistono le categorie. Gli appalti delle funzioni pubbliche a ditte private e poco trasparenti ha spinto per un maggiore sfruttamento delle risorse umane nel pubblico, avvenuto principalmente grazie alla precarizzazione, al moltiplicarsi di posti di stage (il famoso girone dantesco) al posto degli amministrativi o dei lavori semplici nel pubblico, che per generazioni hano costituito il Sacro Graal dei cosiddetti lavori umili per chi non ambiva a far carriera.

Quanto emerge dalle tabelle contenute nell’Osservatorio sui lavoratori dipendenti e autonomi dell’Inps secondo il quale la categoria con il reddito medio più alto è quella degli Amministratori nella gestione separata (50.478 euro), tutti quei liberi professionisti senza ordine o albo, collaboratori, ricercatori e medici con contratto di formazione specialistica. Nel frattempo, i domestici sono la categoria con il reddito medio più basso (7.424 euro) ad esclusione dei lavoratori occasionali o con voucher (1.028).

Questi dati, più difficili da confrontare per eterogeneità, mettono in luce però un Paese sempre più diseguale, dove si può essere pagati in voucher o in noccioline da una parte, e dall’altra un Paese dove nessun lavoratore, nemmeno il dipendente, è al sicuro. Si è parlato di Stato “mammone” per quanto riguarda alcune fasi della nostra Repubblica, ma il dato oggettivo è che lo Stato italiano mantiene ancora molti e meglio di quanto non facciano i privati, al netto delle privatizzazioni — misura attuata senza criterio negli anni Novanta. Una situazione lavorativa non facile, a fronte del caro prezzi… Il 2023 sarà un lungo anno. 

Irene Ivanaj

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