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Società

Persone scomparse, esiti diversi – IX Parte

Isabel Mora Martin

Si tratta di una signora spagnola, moglie separata in casa di un italiano, due figli, residente ad Appiano Gentile. Sua sorella, anch’ella coniugata nel nostro paese, la cercò subito, da quel 17 luglio 1991, in cui la donna avrebbe dovuto recarsi all’amata balera con amici: una nuova vita che non piaceva al marito, ma la storia finì nel nulla e nel 2012 è stata dichiarata la morte presunta.

Agata Scuto

La ventiduenne di Acireale era titolare di una ( risicata) pensione di invalidità che pare facesse gola a diverse persone; a dieci anni dalla scomparsa, avvenuta nel 2012, ci si indirizza verso il compagno della madre, ora sotto processo, il quale l’avrebbe concupita. In un’atmosfera da commedia di Pietro Germi. Agata, data per sepolta a Pachino, ancora non si è vista. E la sua pensione?

Per strada, a Pescara: i casi Stracci e Pica

Pescara, ridente cittadina accarezzata dal sole, che insegue i passanti per le sue ampie e lunghe strade pianeggianti, di fronte all’Adriatico. Qui è venuto a studiare il giovane marchigiano Roberto Straccia, che ha evidentemente preferito la locale facoltà di lingue a quella che avrebbe potuto trovare nella sua regione. Il bruno giovanotto condivide un appartamento con altri universitari. Nei video ci appare sorridente, benché lo sguardo trasmetta un filo di malinconia, ma tutto sembra filare liscio, fino al 14 dicembre 2011, quando egli esce per praticare l’amata corsa, abbigliato alla bisogna, con cuffie per ascoltare la musica che ritma l’attività sportiva. Tutto quello che ci resta è un filmato di video sorveglianza, mentre il runner percorre il marciapiede, già di buona lena, poi il buio. In teoria egli dovrebbe essere diretto verso il mare, ma le telecamere della zona sono disattivate o guaste e rimane la sola testimonianza di una coppia di anziani.

I due riferiscono, a “Chi l’ha visto?” di aver notato il ragazzo quasi aggrappato alla ringhiera che affaccia in spiaggia, ansimante, mentre si sporge, sbilanciato, in faccia alle onde. Il suo corpo viene restituito sul litorale di Bari il successivo 7 gennaio. Seguono le consuete ipotesi su quanto può essere accaduto, esaminando lo stato dei resti, gli oggetti ritrovati e via dicendo. Alle prime allusioni su un possibile suicidio, la famiglia, disperata, reagirà con sdegno, come tuttora fa evidenziando, tra l’altro, che il parente defunto non amava nemmeno nuotare.

Si avanzano ipotesi le più disparate, dalla ritorsione di un gruppo di punkabbestia che, disturbati, gli avrebbero scatenato contro i cani, inducendolo a buttarsi infelicemente in acqua, allo scambio di persona con un malavitoso “pentito” e considerato inaffidabile, tanto che il caso Straccia viene archiviato.

Senza saperne di più, per esempio dei giri frequentati da Roberto, dello stato delle sue relazioni sociali, del suo rendimento negli studi, non si può che accettare l’esito, almeno per ora.

Passano pochi giorni, è il 17 gennaio, sempre nella città aternina. Una signora di 57 anni, Silvana Pica, scompare alla vista dei pochi, in verità, con cui aveva contatti. Chi è questa donna? Ci informano che è laureata in lingue, parla perfettamente l’inglese, tanto da aver lavorato a doppiaggi cinematografici.  Dal matrimonio con un medico nasce un figlio, Lorenzo, ma la depressione post partum avrebbe lasciato tracce indelebili sulla madre, che aveva continuato a patire fragilità psichiche, tanto da lasciare l’affidamento del piccolo all’ormai ex marito. Non si sa bene come Silvana abbia trascorso i decenni a seguire. Al momento della scomparsa la danno per traduttrice part time presso la provincia, alloggiata in un appartamento in comune con altri, un italiano prima, dei rumeni poi, di cui occupa una stanza: una sistemazione in cui non ci aspetta di ritrovare una borghese partita con ben altri crediti, nella vita. Vita che si sarebbe conclusa, a sua volta, presumibilmente in mare, da dove è emersa però solo la sua borsa; videocamere, cieche anche per lei.

Scatta la ridda di testimonianze, ovviamente non concordanti sugli orari. La ex suocera riferisce di non averla accolta in casa, il pomeriggio prima della scomparsa, quando la Pica avrebbe suonato al suo citofono per chiederle ospitalità; il fratello del dottore parla con tono circospetto dei rapporti tra i due, che dovevano dividersi dei beni. Pare che la ex interprete, spesso in stato di bisogno, bussasse a quattrini; l’ex coinquilino italiano, secondo qualcuno, era anche informato sul caso Straccia, insomma, misteri su misteri e nessuna soluzione nemmeno quando, nel 2016, si tenta di riaprire le indagini. Un famoso investigatore privato sostiene che potrebbe trattarsi di omicidio, pur se la depressa Silvana appariva soggetto tendente all’anticonservazione. A favore della tesi che la vuole desiderosa di vivere, ci sarebbe il riavvicinamento al figliolo, testimoniato dalle fotografie dell’ultimo Natale; ma Lorenzo sparisce nel 2017 e dovrà essere cercato dall’Interpol, che lo pesca a Londra, dove pare che il giovane voglia restare ed essere dimenticato.

Daniele Potenzoni

Di recente a Roma sono ricomparsi volantini per sensibilizzare sulla scomparsa di Daniele Potenzoni, che oggi sarebbe un ultraquarantenne. E’ stata anche aumentata la somma a disposizione per chi lo facesse ritrovare, ora 50.000 euro.

Parlare di autismo è difficile, anche soltanto per confrontarsi. Chi ha un figlio in tali condizioni e ci ha accordato qualche confidenza, ha descritto una discesa agli inferi che solo un amore sconfinato, unito a nervi saldi, può mettere in grado, se non di superare, almeno di affrontare.

Daniele Potenzoni vive a Pantigliate, provincia di Milano, sorretto da una struttura perché, ci racconta il padre, nell’adolescenza, in pieno sviluppo fisico e mentale, studente, sportivo, ragazzo “con la vita davanti”, precipitò nell’abisso della malattia, tra l’incredulità dei familiari: che probabilmente non hanno avuto tuttora, come molti genitori di autistici, una spiegazione a questo incidente della salute mentale, mai nominato fino a qualche decennio fa. Di fatto, papà Potenzoni ci ribadisce che, al momento della scomparsa, che il figlio ha un’età cognitiva di due anni.

Succede così che nel giugno 2015 si decida di portare in gita lui e altri giovani problematici, con il controllo di assistenti specializzati, nientemeno che a Roma, a vedere il Papa.

Per recarsi a San Pietro, il gruppo scende nella metro: l’ultima immagine di Daniele, presa da una telecamera, ce lo mostra, alla fermata di Termini, mentre guarda il biglietto che tiene in mano; i familiari ci assicurano, però, che non legge, lo sguardo in genere vaga, senza consapevolezza.

A quel punto se ne perdono le tracce e scatteranno le ricerche: si arriverà a bloccare le corse sotterranee, pur di trovarlo, inutilmente.

Francesco, il disperato padre, non si da pace, gira per programmi, e si muove con la giustizia, ma non otterrà soddisfazione. L’infermiere Massimiliano, addetto alla cura di Daniele, è stato assolto definitivamente nel 2020, dall’accusa di abbandono di incapace, e si duole dell’accaduto.

Se davvero le condizioni psichiche di persone come il giovane sono arretrate a uno stato da prima infanzia, per quale ragione sottoporli a spostamenti faticosi, dopo tragitti non brevi, per vedere cose e persone di cui questi malati non capiscono nemmeno l’essenza e l’esistenza? Per giunta trascinandoli tra i binari metropolitani e la folla della capitale, dove, in tempi normali, è difficile muoversi anche con le piene capacità intellettive e motorie, strinati e sballottati? In questo come in altri casi si parla anche di problemi inevitabili quando si interrompe l’assunzione di medicinali. Si insiste a cercare tra i senzatetto, si ipotizzano nuovamente nascondigli in centri religiosi, senza considerare che Potenzoni non era in grado di sostenersi in autonomia.

Daniele non era piccolo, anzi fisicamente ben visibile, e non in condizioni di spostarsi autonomamente, men che meno in luogo sconosciuto: dove mai potrebbe essere arrivato, tutto solo? Eppure ancora nel 2021 si credette di identificarlo in un erratico personaggio, che si rivelò poi essere un bulgaro.

Carmen Gueye

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