Sapevate che il «maiale» fu il primo animale ad essere addomesticato dall’uomo e che è anche il nostro «laboratorio» per i ricambi umani?
Noi, esseri umani, siamo i maggiori predatori del maiale. Di lui utilizziamo tutto: per mangiare, per vestirsi e anche per sostituzione dei nostri organi. Il maiale ci dà tutto di lui. E spesso gli domandiamo anche troppo.
Grazie al maiale si fabbricano 450 prodotti che noi usiamo. La carne di maiale, poi, con circa un miliardo di maiali l’anno è la più consumata al mondo, malgrado i divieti musulmani ed ebraici. Il maiale è un animale, dunque, che ci dà una moltitudine di «prodotti» importanti.
Ma se poi andiamo a vedere letteratura e Storia troviamo che il maiale è stato il primo animale di compagnia dell’essere umano. Otto o novemila anni fa veniva addomesticato. Quindi prima del gatto e prima del cane. Poi stanchi di cacciare e correre, l’essere umano è diventato stanziale: si è messo a coltivare e allevare ed il primo animale di allevamento è stato proprio il maiale. Cominciò così l’epoca dello «allevamento» per l’essere umano. Per fuggire il sovrappopolamento, gli abitanti della Mesopotamia partirono verso Ovest con i loro maiali e li «mischiarono» con altri animali selvaggi. Oggi gli unici maiali eredi diretti dei maiali della Mesopotamia sono i maiali corsi.
Ma il maiale è entrato anche nella Storia di Francia. Sapete che è proprio ad un maiale che si deve il «colore blù» della bandiera francese? Il primogenito di Luigi VI si uccise cadendo da cavallo in conseguenza ad uno scontro con un maiale e suo fratello, che divenne re con il nome di Luigi VII, per allontanare questa «maledizione» diede alla bandiera il colore della Vergine, il blù.
Poi dobbiamo dire che il maiale è geneticamente simile a noi: il 95% dei nostri geni sono comuni con i suoi. Ma c’è di più: i suoi organi sono disposti come i nostri ed hanno la stessa funzione, motivo per il quale nelle operazioni chirurgiche che riguardino gli organi umani li si utilizzino, come ad esempio le valvole cardiache. Stessa cosa per l’insulina e per i lavori/studi sui microbioti. Il maiale è il nostro laboratorio di studio.
Per quanto già scritto sopra, quando si alleva e poi si uccide il maiale, dovremmo farlo con dignità. Non come in Cina dove si sono messi a fare l’allevamento industriale dei maiali in complessi in cui 28mila scrofe, bloccate singolarmente disposte su 13 piani, sono intubate con macchine che le obbligano a mangiare, senza mai muoversi e senza mai vedere il giorno. Non è allevamento animale, ma un’industria di proteine. Rispettiamoli e che sia data loro una vita vivibile prima che gli venga data la morte… per servirci.
Questo però accade a causa della «organizzazione dei prezzi»: allevare 600 scrofe in piena aria costa 200mila euro. Noi, consumatori di maiale, siamo pronti a pagare la sua carne più cara? Il prezzo è un dato del mercato. Il costo il suo insieme.
Ciò che però mi fa «arrabbiare» sono le furberie degli industriali sull’appellazioni. Per esempio, il famoso «prosciutto di Aosta» non è elevato ad Aosta o in Val d’Aosta ma in una regione della Francia che si chiama Isere; così come il famoso «prosciutto di Parma» non è elevato nella provincia di Parma ma è la denominazione che viene data ai cosci posteriori di maiale che provengono all’industria parmense da tutto il mondo e li preparati e lavorati per poi essere commercializzati. Sono gli industriali (ormai SpA quando non Holding) che truccano il mercato.
Poi ci si mettono anche i legislatori a complicare la vita agli allevatori che devono districarsi e sono vittime di leggi contraddittorie, Non c’è niente di più insopportabile quando i «cittadini» vogliono dare lezioni sulla natura agli «agricoltori». Potremmo dirci: facciamo un mondo senza allevamenti. Ma un mondo senza allevamenti, piano piano diverrebbe un mondo senza animali. Come ci nutriremo per avere le proteine necessarie? Mi si dirà: produrremo soja, d’accordo. Ma se per salvare gli animali da allevamento si arriverà a uccidere le foreste e contestualmente la fauna selvatica… per piantare soja non è altro che solamente una visione urbana.
Siamo umani e non industriali.
Marco Affatigato