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Editoriali

La generazione 2000 e la violenza sugli animali: cosa è andato storto?

Ci sono cose che le persone normalmente non farebbero mai, e nemmeno penserebbero di fare. Rubare, picchiare, uccidere, maltrattare. Poi ci sono invece persone che comuni non sono e che non solo pensano di fare certe cose, ma le fanno pure.

E non solo le fanno, ma le registrano anche col cellulare e le pubblicano, sperando di ottenere un po’ di attenzione nelle loro vite vuote e tristi.

E’ la generazione dei ragazzi tra gli 11 e i 25 anni, la generazione 2000, nata col computer, il cellulare, internet, e con nella testa l’unica ambizione di farsi conoscere sui social. Ed ecco che arrivano a compiere determinati atti, violenti, nei confronti degli animali, con lo scopo di filmarsi e pubblicare tutto online. “Mostri” così devono avere per forza una vita vuota, senza ambizioni, senza prospettiva, senza valori. Una vita che non ha alcun senso, se l’unico senso che ha è gioire nel far soffrire altri esseri viventi – poveri malcapitati trovati per strada.

Se i mostri che compiono questi atti abbietti sono degli adolescenti, dei ragazzini, significa che qualcuno oltre a loro sta sbagliando completamente. In cosa stanno sbagliando? E soprattutto, chi?

Sbagliano per primi i loro genitori, che non li educano al rispetto nei confronti degli altri, dei più deboli, degli animali, e non li allenano alla sensibilità e all’empatia. E magari, vedendo che i loro figli da bambini lanciavano i sassi alle anatre, o davano i calci ai piccioni, non dicevano nulla e facevano finta di niente. Anzi, si nascondevano dietro alla scusa che “sono solo bambini”. Ma quei bambini poi crescono, e se non vengono indirizzati, diventeranno criminali. I genitori di oggi sono troppo occupati a guardare i video sui cellulari, e magari si indignano pure quando trovano un video dove viene esercitata della violenza. Eppure non si rendono conto che in casa loro stanno crescendo dei piccoli violenti. Non controllano gli amici che frequentano, non sanno se sono loro i bulli della loro classe. Non sanno nulla delle loro vite perché non hanno la capacità di imporsi, di dare delle regole.

Sbagliano i loro amici, che rimangono a guardare senza intervenire, senza difendere il più debole, e che incitano alla violenza. Amici vuoti come loro, incapaci di prendere una posizione, incapaci di distinguere cosa è giusto e cosa è sbagliato. Amici che non hanno il coraggio di opporsi, di farsi avanti per proteggere chi ne ha bisogno. Amici pappamolla, che pur di non restare soli, rimangono dalla parte colpevole, e che hanno bisogno di far parte di un gruppo nocivo per sentirsi importanti. Perché da soli non valgono niente.

Sbaglia la scuola, a non trattare determinate tematiche. A cosa serve imparare sui libri che il nazismo e il fascismo hanno mietuto vittime innocenti, se si applicano le loro filosofie fuori da scuola, lanciando da un burrone un gattino piccolissimo, venuto al mondo, forse, da appena due mesi, che non conosce il pericolo e che è capace di fidarsi anche del suo aguzzino?

Sbaglia lo Stato a non educare, punire e rieducare questi criminali. A non creare dei sistemi efficienti per proteggere gli animali, per istruire la popolazione su temi quali la sterilizzazione. Sbaglia a non aiutare e appoggiare le associazioni di volontariato che si occupano ogni giorno di problemi grandissimi e che indirettamente offrono un servizio eccellente alla comunità, recuperando animali incidentati, feriti, abbandonati, prendendosene cura, accudendo future mamme incinte e allattando giorno e notte i cuccioli appena nati senza mamma.

I gatti che si trovano per strada sono, per la maggioranza, vittime dell’ignoranza umana sulla sterilizzazione e sulla falsa credenza che un gatto libero viva meglio che in appartamento. E’ meglio morire dissanguati investiti per strada da soli sull’asfalto rovente a 8 mesi o nella propria cuccia a 15 anni circondati dall’affetto dei propri padroni? I gatti che vengono trovati dai ragazzini sono per lo più gatti soli, che vagano senza meta, che si sono persi, che appartengono all’ennesima cucciolata di strada. Dov’è la loro mamma? Investita? Morta di parto? Morta di FELV? L’essere umano, ancor prima delle malattie e degli altri animali, è il pericolo peggiore per gli animali randagi.

Sbagliano i politici a ricondividere il video sui loro profili social. Perché, anche se l’intento è buono, non si fa che dare visibilità a chi non dovrebbe averne. E sbagliano a pensare che servano pene più severe, perché non si dovrebbe porre l’attenzione solo sulle conseguenze, ma sul prevenire. Prevenire è fondamentale affinchè scene di questo tipo non avvengano. Affinchè nessuno possa più nemmeno immaginare di compiere gesti così aberranti. Deve esserci un profondo cambiamento nelle relazioni con gli altri esseri umani: i rapporti sociali devono essere costituiti da persone ricche di buoni valori, come il rispetto della libertà degli altri esseri viventi. Qualsiasi altro soggetto con idee e comportamenti nocivi va isolato dai suoi simili in modo che non possa influenzare negativamente chi è a posto. Vanno individuati preventivamente e corretti.

Sbagliano i social. Perché è inutile che vengano “bannate” alcune brutte parole, se poi viene permessa la circolazione di certi video. I creatori dei video che registrano la violenza non possono che esultare nel vedere quanto stanno diventando famosi, quanto sta andando virale il loro video. E su quest’ultimo punto c’è da fare anche un’altra riflessione: ai creatori del video non interessa niente dei commenti di odio e delle minacce che ricevono. Perché sono “persone” così insensibili, così indifferenti al dolore altrui, così vuote d’animo, che non vengono minimamente toccate dagli insulti che ricevono. Non si rendono nemmeno conto della gravità di ciò che compiono. Ogni parola, ogni rimprovero, è totalmente vano. E’ solo privandoli dalla loro libertà che forse inizierebbero a soffrire, ma non a capire. Cosa può capire gente del genere? Che spinge un gatto sui binari di un treno, o che brucia vivi i cani che abbaiano?

Poi penso a me, e mi chiedo cosa mi rende diversa da loro, cosa è successo nella mia vita perché io crescessi con il disgusto e la repulsione dei confronti di questi abominevoli atti. E’ stato nascere e crescere con i gatti in casa che mi ha resa sensibile nei confronti di chi ci offre amore incondizionato pur non potendo parlare la nostra lingua? E’ stato quando i miei genitori mi portavano, da bambina, sul lago a dare il pane alle anatre, e provare gioia nel vedere che si avvicinavano a me sempre di più, nell’osservare i loro colori, nel sentire i loro gentili starnazzi di richiamo affinché continuassi a nutrirle? O è stato quando la cagnolina di mia nonna in campagna ha avuto i cuccioli e mi piaceva accarezzarli e giocarci insieme?

Sono state tutte quelle voci messe insieme che ogni tanto mi dicevano “non si fa del male agli animali, non si tira la coda al gatto, non si sale a cavalcioni sul cane, non si tira il pelo al coniglietto”? La gente che compie quei soprusi ha mai ascoltato frasi del genere? Cosa è andato storto nel loro cervello? Hanno delle problematiche sociali, hanno delle malattie mentali? E com’è stato possibile non accorgersene? E se invece sono perfettamente sani, cosa li spinge a comportarsi così? La ricerca di attenzioni? Basta davvero solo questo a spingere un ragazzino di 14 anni a uccidere un gatto? Si baratta davvero la vita di un essere vivente con qualche giorno di negativa notorietà?

E tutte quelle persone che commentano negativamente, indignate, avrebbero impedito davvero tutto questo se si fossero trovati sulla scena? Se vedessero in giro qualche maltrattamento, interverrebbero? Denuncerebbero, anche se si trattasse di un loro grande amico?

Melissa Toti Buratti

Riguardo l'autore

melissatotiburatti

Classe 1994, laureata in lingue, particolarmente attiva su Tik Tok con temi riguardanti l’equilibrio vita-lavoro.