Ci sono momenti storici in cui le certezze e le sicurezze costruite nel passato sembrano crollare davanti ai cambiamenti in corso (per me ampiamente negativi per la società italiana ma anche europea). Così i cosiddetti ‘’punti fermi’’ su cui poggiamo il nostro modo di vivere e vedere il mondo, la nostra società, le aspettative nei confronti del futuro, d’un tratto cominciano a traballare, a non essere più «punti fermi». Viviamo una situazione di convivenza sociale e una situazione economica che da una generazione all’altra vede saltare principi e diritti ch’erano acquisiti, o almeno lo si credeva. Viviamo una «guerra quotidiana» che non è più, come nel passato, guerra di confini: non ci sono trincee, capi di Stato che possano stringere accordi di pace o tregua. E’ un momento di guerra senza limiti.
Ci sono persone con, le quali, volenti o nolenti, siamo costretti a fare i conti e convivere. Certamente, e non possiamo metterlo in dubbio, sono persone nate in altri paesi, continenti e che fuggono alla fame, alla povertà e anche alle guerre militari, civili e tribali; persone diversissime per cultura da noi, che cucinano, pensano, pregano, vivono e agiscono in maniera diversa da noi e dalle leggi che delimitano il nostro ‘’convivere sociale’’; persone che basano la loro vita su principi etici, spesso ancestrali, di cui sappiamo ben poco. Così c’è confusione. Di intenti, di sentimenti, di pensieri. C’è la preoccupazione di non divenire razzisti, perché noi razzisti non lo siamo, e quella di comunque difendere il nostro ‘’convivere sociale’’ e i valori della nostra civiltà. C’è, comunque, un desiderio di ‘’difendersi’’. Perché? Poiché c’è la paura!
La paura. La paura di ‘’qualcosa’’ che non ha un volto preciso, che non s’incarna in un ‘’nemico preciso’’. La paura della degradazione dei quartieri delle nostre città; la paura di camminare da soli di notte; la paura di sentire il cuore in gola se ti si avvicina un ‘’gruppo’’ di persone; la paura di passare ‘’in certe strade’’. Oggi si ha paura di camminare alla luce del sole per le strade in cui siamo cresciuti, negli autobus, nei metrò, nei treni. La sento per le strade questa paura. Silenziosa, sotterranea, potente. È la paura dell’altro! La paura del caos e del dolore che può scatenarsi senza preavviso e senza ragione, anche a causa di uno sguardo non malizioso. Come si legge che è successo, che succede. E spero che non succeda a me e ai miei figli e ai miei nipoti, egoisticamente. Spero che a loro non sia negata quella gioiosità e felicità che noi, anziani, abbiamo provato. E spero che ‘’le cose’’ si sistemeranno, che non succeda nulla di male a questa società in cui obbligatoriamente viviamo e conviviamo.
È stato detto che l’accumulo di particelle di polvere formerà una montagna, ma il massimo che si può fare con delle particelle di polvere è un cumulo di polvere. Allora, se non si riesce a vedere nella realtà quotidiana la ‘’nuova società’’ in cui cominciamo a convivere, negli occhi spesso paurosi delle persone che incontriamo e solamente perché non vogliamo vedere.
Marco Affatigato