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Uomo "sposa" il suo iPhone: il segno di una civiltà in crisi?

È di poche ore fa la curiosa notizia, rimbalzata sulle testate giornalistiche di settore e sulle agenzie di stampa, secondo cui un uomo avrebbe sposato il suo iPhone. 
“Vi dichiaro marito e IPhone”, questa infatti sarà stata la formula pronunciata nei giorni scorsi in una cappella di Las Vegas, città americana famosa in tutto il mondo per i matrimoni atipici o (in questo caso) “anormali”, che ha ispirato numerosi film. Frase certamente bizzarra, che fa riflettere sui processi che stanno colpendo la nostra società e gli individui che ne fanno parte. Una meccanizzazione terrificante, e in parte già prevista da molteplici sociologi e filosofi del tempo, che ci fa comprendere quanto questi dispositivi tecnologici siano oggi talmente presenti nelle nostre vite, a tal punto da considerare l’idea di sposarsi con essi (nel vero senso della parola).
Protagonista della storia è Aaron Chervenak, di Los Angeles, che ha guidato fino alla città del Nevada, come riportato da Ansa.it, per poter giurare fedeltà eterna al suo IPhone.
“Pur consapevoli del fatto che lo stato del Nevada non riconosca questo genere di unione ma, secondo il proprietario della cappella in cui si è celebrato il rito, quest’ultimo voleva semplicemente fare un gesto simbolico per sottolineare quanto questi dispositivi siano oggi essenziali nella nostra vita”. Ma la domanda è: fino a che punto? Entro quali limiti?
Il matrimonio, da sempre simbolo di unione e libertà condivisa, oggi sembra essere diventato, e questo caso ne è la dimostrazione, il fantasma della libertà ai tempi dell’emoticon, di WhatsApp e dei social network. L’uomo, credendosi libero e autonomo di poter decidere e condividere ogni cosa, in realtà sfrutta sé stesso in maniera isolata seppur omologata: si “usa” volontariamente seguendo le logiche della produzione immateriale che non porta a nulla. In questa volontà dell’individuo, apparentemente libera, nasce l’isolamento dello stesso. L’unione con il dispositivo diviene un qualcosa di differente dall’unione tra semplici individui, che crea assuefazione e dipendenza. L’uomo e la macchina divengono così un binomio oggi inscindibile: è l’uomo che fa la macchina o la macchina che fa l’uomo? È l’uomo al servizio della macchina o la macchina al servizio dell’uomo?
La risposta, sicuramente articolata, genera una riflessione infinita tra “avere ed essere” di cui Erich Fromm sarebbe stato entusiasta. Si verificherebbe il peggior risultato da lui pronosticato: quello della libertà umana limitata dal nostro stesso io, dai possessi e dagli oggetti. Così la normalità diviene anormalità e la bizzarria di una notizia simile, cela invece al suo interno un significato ben più profondo e non minimalista. Una profondità di senso (o non senso) che spaventa e fa riflettere.
Certamente, come dichiarato dallo stesso Aaron Chervenak, “se dobbiamo essere onesti con noi stessi, ci connettiamo con i nostri telefoni su tanti livelli emotivi. Lo controlliamo per calmarci, sorridere, prender sonno, rilassarci. […] tutto quello di cui è fatta una relazione. E in questo senso il mio smartphone ha rappresentato la relazione più lunga, ecco perchè ho deciso di sposarlo”, ma come riportato dal sito di tecnologia Ubergizmo, il gesto è fuor di dubbio strano anche se questo non è un caso isolato.
Era capitato, certo, che in passato altre persone si fossero “sposate” a Las Vegas con oggetti inanimati, ma il telefono ancora ci mancava. Sarà il segno di un nuovo livello di paradosso societario? O solo il segno di uno smarrimento isolato? Non resterà che attendere.
di Giuseppe Papalia
 

Riguardo l'autore

giuseppepapalia

Classe 1993. Giornalista pubblicista, consulente di comunicazione per i deputati al Parlamento europeo, corrispondente da Bruxelles. Una laurea in scienze della comunicazione e una magistrale in giornalismo con indirizzo “relazioni pubbliche” all'Università degli studi di Verona. Ha collaborato con alcuni giornali locali, riviste di settore e per alcune emittenti televisive dalle istituzioni europee a Bruxelles e Strasburgo. Con TotalEU Production dal 2019, ho collaborato in qualità di social media manager e consulente di comunicazione politica.