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Esteri Pensieri in Libertà

Storia travagliata dello Stato di Israele

Lo Stato d’Israele venne proclamato dal leader David Ben Gurion il 14 maggio 1948, ponendo fine al mandato britannico su quelle regioni che oggi, e negli anni passati, sono martoriate da sempre più accessi e sanguinosi scontri.
La storica terra d’Israele, nota anche come Palestina, fin dal XVI secolo è stata nelle menti di molti ebrei il punto di arrivo salvifico che avrebbe ripagato delle violenze a cui erano sottoposti in tutta Europa. In quella terra, secondo i racconti biblici, gli ebrei avrebbero regnato per diverso tempo.
Un problema è stato il definire precisamente l’estensione di questa terra promessa d’Israele. Anche se per molto tempo scarsamente popolata e povera di ricchezze naturali, nel corso dei secoli una pur minima presenza araba s’è stabilita in Palestina.
Allo stesso tempo, non era mai mancata la presenza ebraica: a Hebron, a Gerusalemme e attorno al Lago di Tiberiade vivevano piccole comunità di ebrei. Fra la comunità ebraica ed araba c’era una latente ostilità, ma la natura della regione e il sistema semi-feudale nel quale vivevano avevano permesso una “divisione” abbastanza netta.
Gli episodi di violenza contro gli ebrei non ebbero strascichi concreti finché non si arrivò al XIX secolo, periodo di ferventi nazionalismi e delle identità nazionali. La terra d’Israele era controllata, a quei tempi, dall’Impero Ottomano, la cui multi etnicità non solo risvegliò gli appetiti delle grandi potenzeeuropee e dei popoli soggiogati al Sultanato, ma anche le rivendicazioni ebraiche.
Le aspirazioni degli ebrei di tornare a vivere in Israele trovarono sostegno nell’opera di convincimento del giornalista Theodore Herzl, che definì in molti tratti il sionismo, o nazionalismo ebraico.
La pace fragile della regione cominciava a rompersi a causa della spinta immigratoria ebraica proveniente dall’Impero russo, dove lo Zar autorizzava pogrom  esplosioni di odio razziale che scoppiavano ciclicamente a livello popolare, specie in Polonia e in Ucraina.
Una casa nazionale per gli ebrei in Palestina sembrava la risposta migliore, e la dichiarazione di Herzl a seguito del primo Congresso Sionista, tenutosi a Basilea nel 1897, ne fu la logica conseguenza.
Scoppiata la Grande Guerra e considerate le mire del Secondo Reich tedesco su quella regione, i politici inglesi videro con favore una comunità ebraica in buoni rapporti con l’Impero britannico in Medio Oriente.
Francia e Inghilterra, a guerra ancora in corso, cominciarono a spartirsi le aree di influenza sulla terra d’Israele. Ciò causò attrito fra i due Paesi, ma non si giunse mai ad una rottura.
Tale era la considerazione verso gli Ottomani che, nel 1917, con le forze britanniche alle porte di Gerusalemme, il Segretario britannico per gli Affari esteri, Arthur Balfour, proclamò che la Gran Bretagna era favorevole ad un’entità nazionale che permettesse agli ebrei d’insediarsi in Palestina, ma senza ledere i diritti e la libertà delle persone ivi già residenti.
Balfour, convinto che sull’Impero britannico mai sarebbe calato il sole, poteva agevolmente, ma soprattutto a tavolino, promettere qualunque cosa. L’importante era che la Gran Bretagna fosse alle spalle di queste nuove entità statali.
Dal 1917 al 1922 la Società delle Nazioni affidò la terra d’Israele agli inglesi, sotto forma di mandato. L’immigrazione degli ebrei dall’Europa aumentò di molto, col sostegno della Gran Bretagna.
I problemi nacquero quando gli arabi della Palestina, non nominati da Balfour, videro che la popolazione ebraica acquisiva sempre più consapevolezza del proprio retaggio culturale e autonomia economico-politica (con i Kibbutz). Gli arabi reagirono intensificando l’immigrazione dai paesi circostanti e osteggiando sia l’elemento ebraico, sia quello britannico, considerato troppo favorevole agli ebrei.
L’avvento di Hitler e la Blitzkrieg di successo (1939-40) costrinsero gli inglesi a non favorire in Palestina uno Stato a due anime, araba ed ebraica, ma uno Stato arabo con una limitatissima presenza ebraica. I sionisti, forti economicamente e politicamente, si organizzarono nell’Haganah e aiutarono l’esercito britannico durante la Seconda Guerra Mondiale.
Le campagne terroristiche e violente del movimento sionista contro arabi e inglesi furono la dominante del periodo bellico e della prima metà degli anni ’40. Nel 1947 l’Assemblea delle Nazioni Unite decise la creazione di uno Stato ebraico e di uno Stato arabo in Palestina, con Gerusalemme sotto l’amministrazione diretta dell’Onu.
Il colpo di mano si ebbe in due giorni, il 14 e 15 maggio 1948: mentre gli arabi protestavano ancora per la proposta, il 14 fu proclamata la nascita dello Stato d’Israele, mentre il 15 la Gran Bretagna abbandonò la regione al suo destino.
Nel medesimo giorno gli eserciti di EgittoSiriaLibanoIraq e Transgiordania, attaccarono il neonato Stato di Israele. Due costanti di questo conflitto, terminato nel maggio del 1949, si ritrovano anche nelle guerre del 19561967 e 1973: l’esercito israeliano uscì vittorioso e le alture del Golan, la striscia di Gaza e la Cisgiordania diventano campi di guerriglia permanente.
Era iniziata una delle più gravi tragedie del ‘900, quella degli arabi e degli ebrei della Palestina. Gli eserciti arabi scontarono una pesante disorganizzazione e affrontarono uno Stato le cui capacità militari e spionistiche, gli appoggi finanziari e di “simpatia” sono presenti e riconosciuti in tutto il mondo.
Le tragedie umanitarie dei profughi arabi si sono sommate alle vendette trasversali: i guerriglieri palestinesi che nel 1972 massacrarono a Monaco alcuni atleti israeliani furono “ripagati” nel 1980 con l’invasione del Libano, reagendo a presunti sconfinamenti arabo-palestinesi nella zona.
Il resto è storia recente, con l’Intifada, l’ascesa e il ristagnamento dell’Olp (il movimento per la liberazione della Palestina) e gli accordi, con la mediazione USA, della prima metà degli anni ’90.
Pasquale Narciso