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Società

Quello che non si racconta: le Marocchinate

La guerra è sempre stata collegata ad una violenza bruta che coinvolgeva soldati e civili; le donne troppo spesso sono state considerate un premio e uno svago da parte dei combattenti. Durante la seconda guerra mondiale si parla di “marocchinate”, donne ciociare – ma non solo – violentate dal contingente marocchino francese dopo la battaglia di Montecassino perché loro erano il “bottino di guerra”.

Era la primavera del 1944 quando gli alleati sfondavano la linea Gustav che tagliava l’Italia in due, dal Tirreno all’Adriatico, e i tedeschi si ritiravano a nord. Ma non erano liberatori, erano piuttosto carnefici che si macchiavano di crimini indescrivibili a danno di donne, bambini, uomini. Si parla del gruppo di marocchini, algerini, tunisini facenti parte del C.E.F. (il Corpo di spedizione francese) guidato dal generale Alphonse Juin e chiamati goumiers. A questi soldati venne concessa carta bianca per cinquanta ore in cui poter assumere qualunque comportamento senza ripercussioni.

Si parla di circa 60 mila vittime certificate, persone che hanno avuto il coraggio di denunciare quanto accaduto. La cifra è spaventosa, sia per le esigue dimensioni del luogo – paesini come Esperia e Castro dei Volsci – dove l’inferno scese in terra sia per la speranza di vedere gli americani che venne tramutata in cieca paura per sé e per la propria famiglia.
Le vittime e i familiari hanno fondato l’Associazione Nazionale Vittime delle Marocchinate (ANVM) per non dimenticare una pagina così amara di storia italiana.

“Sto presentando, col supporto dell’ANVM e del suo presidente, Ciotti, un ricorso presso la Corte internazionale dell’Aja per violazione di norme internazionali e delle convenzioni de l’Aja e di Ginevra, e inoltre una denuncia querela, presso la Procura Militare di Roma, contro lo stato francese per crimini di guerra commessi sul territorio italiano. La Francia [a suo tempo] si limitò solo ad un fondo, molto modesto, per il risarcimento delle vittime.” Queste le parole dell’avvocato Luciano Randazzo che chiederà giustizia per quanto accaduto e per gli aborti, le gravidanze, i suicidi, le morti che seguirono ai goumiers dopo il ’44.

Non se ne parla nei libri di storia e troppo pochi sono i riferimenti nella cultura. Il romanzo “La ciociara” di Alberto Moravia, divenuto poi un film di Vittorio De Sica (1961), è uno dei rari richiami. Le cose che turbano la storia vengono da essa cancellate, la memoria pratica una censura che cancella atti ed episodi così violenti e scandalosi. Oggi però non si può più nascondere tale verità, per avere la pace che quelle vittime meritano bisogna creare un ricordo che seppur doloroso non permetta di dimenticare.

Ingrid Salvadori