È morto Arrigo Petacco, giornalista e soprattutto ultimo grande storico del ‘900, che è scomparso all’età di 88 anni. Aveva lavorato a lungo per la Rai, aveva diretto il quotidiano “La Nazione” di Firenze, tra il 1986 e il 1987, e il mensile “Storia Illustrata”, edito da Mondadori. Era noto al grande pubblico soprattutto per i libri, numerosissimi, in cui rievocava vicende del passato, con un gusto tutto particolare per i personaggi scomodi o comunque di rottura.
Offriva anche ai più giovani un approccio allo studio della storia che era lontano da logiche partitocratiche. I volumi della “Storia Illustrata” mostravano con particolare dovizia di particolari e imparzialità i vari accadimenti storici del ‘900 e del XIX secolo, incuriosendo le menti volenterose e incitandole ad uscire dagli schemi. Il suo libro più recente, realizzato assieme all’ex giornalista dell’«Unità» Marco Ferrari, s’intitola Caporetto (Mondadori, 2017) e si sofferma sulle sofferenze dei soldati nel momento più tragico vissuto dal nostro esercito durante la Grande guerra.
Nei suoi scritti la storia non veniva, come di solito, scritta da un vincitore, ma da un soggetto estraneo. Non a caso criticò il fatto che la descrizione della guerra civile spagnola si basasse su menzogne infinite. “A raccontare quello scontro, violento, ideologico e fratricida, sono accorsi centinaia di cronisti. Tutti hanno sposato l’ideologia di una delle due parti in lotta”, ricordava lo storico Petacco.
Fu anche uno dei primi storici a ridimensionare l’attacco giapponese su Pearl Arbor. Sebbene la storiografia anglosassone presenti tutt’ora il mito dell’attacco espansionistico giapponese, Petacco fu tra i primi a ricordare al suo pubblico di lettori che erano note le intenzioni dei giapponesi e che Roosevelt aveva provocato il Paese del Sol Levante bloccando tutti i rifornimenti petroliferi.
Basti poi pensare anche ad alcuni suoi libri, quali quelli sull’unità d’Italia, nei quali riproponeva una storia obiettiva e lontana dalla storiografia ufficiale sulle modalità di creazione dello Stato unitario, ma sempre senza attaccare nessuno.
Era questo infatti il suo modo di ragionare da giornalista: scrivere attribuendo meriti e demeriti ai fatti da lui descritti senza schierarsi in alcun modo. Un giornalismo che stiamo sempre più perdendo.