La coalizione con Fugatti candidato Presidente è stata data favorita già diversi mesi prima delle elezioni.Fugatti è riuscita a radunare ben nove liste in sostegno della sua candidatura, compresa – ovviamente – la Lega, il partito di cui fa parte lo stesso candidato Presidente.
Nelle nove liste si sono notate novità significative rispetto alle elezioni del 2013, quando la Lega si presentò insieme ad un’altra (sola) lista, quella dei Cattolici Europei Uniti, e lo stesso Fugatti sempre come candidato Presidente;
Civica Trentina e Progetto Trentino si presentarono in coalizione a sostegno di Diego Mosna e in competizione con la Lega; Forza Italia, Fratelli d’Italia e Associazione Fassa parteciparono da sole appoggiando ognuna un proprio candidato Presidente. Mentre Agire per il Trentino, Autonomisti Popolari e UDC nel 2013 non erano presenti alle elezioni.
Senza sviscerare l’evoluzione e la nascita di queste singole liste, è utile ricordare che la loro unione non era così scontata ed giunta a conclusione dopo lunghe trattative. Riescono alla fine a trovare un accordo di coalizione e si presentano con una flotta di candidati, circa 300! Quasi la metà di tutti i candidati presenti alle elezioni: circa 700. Già dai numeri, quindi, si presentano con un vantaggio notevole rispetto a tutti gli altri; ma è opportuno evidenziare che non è questo che ha fatto la differenza.
La vittoria del centro-destra è netta, con un evidente e determinante trascinamento della Lega. La coalizione ha vinto con il 46% dei voti, ottenendo quindi il premio di maggioranza con 21 consiglieri eletti compreso il Presidente. E’ comunque lontana da quel 58% che ottenne la coalizione vincente nel 2013: il centro-sinistra autonomista.
Cosa ha potuto convincere i trentini a votare in massa la Lega e affidare il governo della Provincia al centro-destra? Sicuramente non riuscirò ad essere esaustivo, ma provo a fare delle valutazioni sintetiche.
Prima di tutto la voglia di cambiamento: le politiche del centro-sinistra di questi ultimi cinque anni hanno provocato un malessere crescente nella popolazione trentina. Parimenti ha influito in maniera decisiva il tema della sicurezza, in qualche modo collegato a quello dell’immigrazione, che la Lega ha posto al centro della sua propaganda elettorale, non solo provinciale ma anche nazionale.
La presenza del Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in diverse località della provincia ha rafforzato la fiducia di tutta quella parte di popolazione principalmente sensibile a quelle tematiche (sicurezza e immigrazione).
Sicuramente rilevante è stata la posizione a favore delle grandi opere da realizzare: il Nuovo Ospedale Trentino (NOT) e la Valdastico. In tema ambientale il centro-destra non è certo attento a politiche di tutela e valorizzazione, eppure questa scarsa sensibilità non ha compromesso il risultato finale.
Sulla sanità ha promesso interventi di ripristino dei servizi sanitari e ospedalieri nelle Valli; mentre sulla scuola, un settore fondamentale per lo sviluppo sociale, culturale ed economico, non si prevedono grandi cambiamenti. E’ plausibile pensare ad un generale cambio dei vertici negli uffici della Provincia, e al contempo nelle società partecipate, dove sarà interessante capire come procederà l’evoluzione sia in termini di gestione che di (eventuali) fusioni.
Infine, anche se gli argomenti sono ancora molti, per la gestione degli Enti Locali nel suo programma ha inserito l’abolizione delle Comunità di Valle, che saranno sostituite dai Distretti dei Sindaci, per dare più poteri e autonomia ai comuni e quindi ai territori.
Le proposte sono state apprezzate e condivise dalla maggioranza degli elettori, per cui oggi abbiamo una nuova giunta provinciale di centro-destra.
Il centro-sinistra autonomista
Il centro-sinistra autonomista si presenta diviso – spaccatoè il termine più congruo in questo caso – rispetto alle elezioni del 2013, quando la coalizione era formata da sette liste; di queste alcune non si sono presentate a queste elezioni, come ad esempio i Verdi, che sono confluiti però nella nuova lista di Futura 2018. In questa tornata elettorale, dove già i primi sondaggi davano perdente la coalizione di centro-sinistra, la spaccatura tra il PATT e il PD è stata decisiva nella sconfitta finale.
Il PATT si è presentato da solo, candidando il Presidente uscente Ugo Rossi, ma – era evidente – senza sperare in una vittoria in solitaria, alquanto improbabile per le circostanze che si erano create.
Il PD, invece, è riuscito a tenere unita parte della coalizione, con lo storico partito UPT e l’esordiente Futura 2018, lista messa in piedi da Paolo Ghezzi.
Una coalizione condizionata dai contrasti interni, principalmente dovuti alla scelta del candidato Presidente, non condiviso, e che ha provocato la separazione in queste elezioni.
Ma il risultato, sia della coalizione che del PATT, è senza dubbio legato alle scelte politiche fatte in questi cinque anni di consiliatura: la giunta uscente ha dimostrato una marcata distanza tra le istanze popolari e le decisioni prese, nonché una scarsa propensione all’ascolto e al confronto.
I tagli imposti sulla sanità, sulla scuola e sui servizi in generale hanno inficiato notevolmente sulla fiducia verso la giunta di centro-sinistra e con ogni probabilità rappresentano il motivo principale di questa bocciatura. Un altro fattore che ha potuto condizionare negativamente gli elettori è stato quello di una gestione delle risorse pubbliche molto opache e discutibili; al contempo, una scarsa attenzione alle politiche di tutela ambientale (fauna compresa) ha causato un allontanamento di molti elettori sensibili su queste tematiche che ritengono centrali. Il risultato finale corrisponde alle previsioni: una sconfitta netta.
Eppure, nonostante il risultato molto lontano da quel 58% del 2013 – raggiunto però quando erano uniti in coalizione -, né il PATT né tanto meno la coalizione del PD sono crollati, ma hanno ottenuto comunque un risultato che gli permette di avere rispettivamente quattro e otto consiglieri di minoranza.
Il Movimento 5 Stelle.
Coerentemente con le sue regole interne, si è presentato da solo e la scelta dei candidati (Presidente e consiglieri) si è svolta con votazioni on-line sulla piattaforma Rousseau del M5S. E’ stata la prima forza politica che presenta la lista e il programma.
Si propone focalizzando la campagna elettorale sulle molteplici attività svolte dal consigliere provinciale e candidato Presidente, Filippo Degasperi, durante la sua legislatura.
Il risultato è stato chiaramente sotto le aspettative, appena un 7% con poco più di 18.000 voti; 4.000 voti in più rispetto al 2013, prima esperienza del M5S in Trentino, ma decisamente poco per una forza politica al governo del Paese. I motivi che hanno portato a questo risultato sono riferibili sia in contesto locale che nazionale.
Le azioni del governo sono sicuramente opinabili, ma gli attacchi quotidiani da parte dei media, sia locali che nazionali, hanno con ogni probabilità influito sul giudizio di moltissime persone.
La dichiarazione sul blocco dei lavori (già avviati) al tunnel del Brennero ha decisamente provocato critiche e ripensamenti, e averla fatta a pochi giorni dal voto non ha certo aiutato.
Il programma elettorale, nel suo complesso, con un contenuto di proposte innovative e ampiamente alternative sia al centro-destra che al centro-sinistra, è stato promosso organizzando ogni tipo di evento, sempre in forma molto sobria in virtù della scarsità di risorse economiche (il M5S non dispone di finanziamenti pubblici e ogni candidato si autofinanzia) e dei limiti imposti dalle regole interne (sono vietate grandi sponsorizzazioni personali).
Inoltre, non si può nascondere il fatto che il passo indietro del Ministro Grillo in merito alla cancellazione veloce degli effetti della legge 119/2017, in tema di vaccinazioni obbligatorie, abbia ridotto la fiducia di chi aveva creduto in questo impegno.
In sintesi: le politiche nazionali del governo hanno indubbiamente influito sull’esito del voto, anche se si pensa – a torto – che le elezioni provinciali siano del tutto scollegate da quello che accade a Roma.
Il M5S Trentino, quindi, ha tutte le carte in regola per crescere qui in provincia, ma per farlo non può prescindere da una seria e attenta analisi interna che prenda in esame sia l’organizzazione che le attività sul territorio, fermo restando un contatto costante con i Portavoce dei comuni della Provincia, del Parlamento e finanche del Governo.
Ci tengo a concludere che ogni mia considerazione è fatta da semplice cittadino che ha raccolto in questi giorni pareri e sensazioni di ogni genere. Orbene, non è un’analisi di parte, ma per quanto possibile oggettiva e dettagliata.
Mario D’alterio