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Editoriali

Piazze di protesta, piazze di identità impaurite

La generazione di “nuovi mostri” è ormai realtà: nuoce gravemente alla salute (fisica e mentale) pensare che possa essere normale il presumere costantemente che ci sia da parte dei nostri simili un eterno complotto. I “nuovi mostri” piacciono. Ma solo un po’.

Siamo sostanzialmente in mezzo ad enormi cambiamenti sociali, ma anche economici, per lo più positivi – a mio parere nonostante il virus – in cui non mancano le idee, ma non manca il contraddittorio. E’ una cosa sana.

Questa è democrazia, libertà, terreno fertile per innescare il meccanismo della conoscenza e della scienza. Gli scienziati partono dai dubbi che si pongono, non dalle regole a cui obbediscono. E’ l’errore che porta alla perfezione, la mediocrità invece “si basta” e per questo non progredisce. Come la rana nell’acqua calda.

A chi accusa gli italiani di non progredire, di voler tornare indietro nel tempo, alla lira, alla mancanza di vaccini, alla ruota a pedale sarebbe bene – invece – far presente che, senza discussione, non c’è evoluzione. La paura è dominata solo dalla conoscenza.

I nuovi mostri creano “trend” ed i trend non sono un copia incolla di idee, ma un generatore di idee. La piazza della contestazione vede molti modelli. Il comune denominatore di questi modelli è l’intelligenza. Questi sono i modelli. E in questo periodo di paure la loro semplicità è un “modello intelligente”. E magari i particolari sono tutti sbagliati. E magari non sparano prendendo la mira. Ma di certo sanno che cosa “non vogliono“. O meglio, non vogliono quello che non conoscono.

Andare avanti “bene” non vuol dire assumere per vero tutto quello che viene propinato, e in questo senso personaggi istrionici come “Beppe Grillo”, “Il Generale Antonio Pappalardo”, “Vittorio Sgarbi” sono utili. Essi creano un’idea.

Basti pensare che dai gilet arancioni – che probabilmente finiranno presto come tutte le piazze di questo periodo – è nata una enorme mole di controinformazione.

David Parenzo e Giuseppe Cruciani (in foto con la giacca salmone/aragosta come Pappalardo) portano quotidianamente su Radio 24 a “La zanzara” un meccanismo di controinformazione che serve per fare informazione. Non a caso i personaggi istrionici sono ospiti fissi di questa trasmissione. Durante le puntate si dipana il trash e il risultato è una crescita intellettuale, diretta. In un certo senso vengono spiegati meglio questi fenomeni.

Un quadro chiaro: la gente ha paura, ma per non aver paura determina se stessa con la piazza.

Greta Thunberg, le sardine, i gillet gialli, blu, arancioni .. sono modelli che certificano di esistere. Esisterebbero lo stesso, ma scendendo in piazza si sentono meglio.

Ti sbagli, alcuni sono populisti, altri no. E invece no, nessuno è populista in quanto tutti lo sono.

La gente avrebbe il pieno diritto di starsene a casa, seduta sul divano, a fare niente, certa che tutto si evolva a dovere. Ma invece siamo nel periodo sbagliato per chiedere questo: le piazze sono le persone, le idee su cui opinabilmente possiamo anche ridere sono pensieri, che dal cervello arrivano sui social, si incontrano e si danno appuntamento. Non stanno giocando.

Quello che non sappiamo è il “come”: in che modo la spontanea generazione della contestazione ha cominciato ad essere datata: se Greta Thunberg è il nuovo che avanza chi è invece Pappalardo?

Nel nostro piccolo mondo quotidiano viviamo di conoscenze settoriali, volutamente settoriali, dove la maggior parte delle cose da sapere non ci sono state dette in tempo. Ci chiedono sempre una “specializzazione” poiché la conoscenza è talmente ampia (come usava dire un mio professione di fisica) che non si può affermare di sapere tutto su qualcosa, in quanto in realtà nel momento in cui socraticamente si ammette di non sapere tutto, si apre la porta al sapere.

Nessuno – fino all’era di internet e dei social – parlava del “come”: di come sono stati creati i primi vaccini, di come viene prodotto un vaccino, di cosa significhi internet, 3G, 4G, 5G. Tutto questo è un enorme e immenso bagaglio di conoscenza che viene relegato agli specialisti. Il virus? Il 5G? L’euro? Anche i bambini a regola imposta decidono se obbedire o no, a regola spiegata più spesso convengono che sia cosa opportuna.

Ecco il divario. Tra la conoscenza generalizzata ma tutto sommato sufficiente a se stessa dei nati senza internet, con meno shock d’impatto, quando le cose venivano studiate nella loro equilibrata parzialità che si bastava, eventualmente si affrontavano gli approfondimenti e la conoscenza settoriale del momento, dove le cose da sapere sono troppe, le domande sono complesse e le basi sono date per scontate.

Si presume di sapere specialmente dove non si sa niente.

Per questo – a mio parere – persone di carisma e di conoscenza si trovano a portare con sé enormi quantità di persone, la folla, la massa. Si tratta della massa che ha paura o che non si fida, cioè di persone che riconoscono nel leader la superiorità intellettuale naturale (leader carismatici) e con comunità di intenti lo seguono, annaspando certamente in improbabili teatrini dell’horror.

Teatrini di quelli che poi diventano virali su internet. Ammazzando quel che di buono c’è in queste piazze.

Di Martina Cecco