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Ideologi commestibili? Ovvero i portatori di idee allineate

E’ una visione del mondo un po’ strana quella che si sta affermando da qualche tempo in qua: una visione, per così dire, personalizzata. Un tempo c’erano le idee: oggi ci sono i portatori di idee.

Una volta, forse mercè la minore diffusione di informazioni, quando ti arrivava notizia di un’idea, ti limitavi a giudicare se fosse buona o cattiva, applicabile o inapplicabile, utile o dannosa. Invece, ora, ciò che sembra sovrintendere alla valutazione di un’idea è, semplicemente, l’identità di chi la esprime. Va da sé che questo, in condizioni di vuoto assoluto, sia un criterio come un altro: nell’atmosfera ammorbata e tutt’altro che neutra in cui ci troviamo, però, questo metodo di valutazione assume un valore affatto peculiare e, se mi si consente, pessimo per la civiltà democratica.

Facciamo un esempio. Se, il 4 novembre, un esponente politico, un personaggio pubblico, un uomo in vista, esprime un suo pensiero sulla Patria, sulla vittoria o sulla Grande Guerra, da un punto di vista strettamente logico, fa una cosa appropriata: non si mette a celebrare il Femminismo nel giorno del Ricordo e non parla di Birkenau a Ferragosto. Tuttavia, bisogna anche tener conto di quel che si dice: se qualcuno affermasse, chessò, che gli Italiani erano tutti degli eroi e gli Austroungarici tutti vigliacchi, si dimostrerebbe un perfetto imbecille. Insomma, un’idea, per essere apprezzata e condivisa, dev’essere appropriata e intelligente. O, almeno, dovrebbe essere così.

Invece, si dà il caso di gente giusta che dica cose sbagliate e di gente sbagliata che, viceversa, dica cose giuste. Perlomeno nel magico mondo di cui stavo parlando: quello della personalizzazione delle idee. Così, se un perfetto cretino, il 4 novembre, scrive bischerate inenarrabili sull’anniversario della vittoria, ma ha il bollino della santa inquisizione politica che ne garantisce la denominazione d’origine, nessuno ci trova da ridire: anzi, quelle bischerate, divenute dogma, vengono trasmesse a università, scuole e giornali, enciclopedie, riviste e ciclostilati. Perché l’imbecille è un buon pregiudicato: ovvero è giudicato preventivamente buono, per ragioni affiliative; e, pertanto, anche le sue idee devono esserlo. Fossero pure le più mencie e trogloditiche tra le idee.

Al contrario, se una persona pregiudizialmente cattiva esprime concetti non solo sensati, ma del tutto condivisibili, insorge tutta una canea di odiatori professionali, per solito raggruppati intorno a stendardi un po’ sbiaditi, invocando severe punizioni e maledicendo le idee e il loro autore. Il più delle volte, senza neppure disturbarsi a valutarle o ad analizzarle: sulla fiducia, diciamo così. Se ci piace una frase che troviamo su di un libro o su internet e la condividiamo, ma poi scopriamo che la frase è di Mussolini o di Molotov, immediatamente ci affrettiamo a rinnegare ogni nostra precedente ammirazione e l’idea viene immediatamente associata al personaggio, diventando un’ideaccia.

Il che, lo capirete, è un’idiozia suprema. Ebbene, questo è accaduto a un mio amico, Marco Filisetti, che, nel suo ruolo di direttore della Pubblica Istruzione della Regione Marche, ha fatto proprio questo: ha celebrato il 4 novembre con una lettera agli studenti, in cui scriveva cose ragionevolissime e assai appropriate circa l’anniversario della vittoria. Solo che erano le stesse parole usate, in altri tempi, dall’esecrando tra gli esecrandi. Apriti cielo! La canea di cui sopra, per solito debolissima in esegesi, in questi casi ha il fiuto di un filologo oxoniano. E di qui la condanna fu unanime.

Pensate se le stesse cose le avesse scritte, chessò, Pertini, valoroso reduce del 15/18, che disse spesso cose molto simili: tutto bene, Mme la Marquise, immaginiamo. E, se, tra tante letterine natalizie, d’inizio anno scolastico, per la festa del diavolo a quattro, trasudanti melassa e bugie, ce n’è una che parla di Patria e di Valore, vada subito censurata, se il latore non rientra nelle caratteristiche antropometriche stabilite dal consesso dei giusti. Invece, lo rammento, un’idea è un’idea:…se potessi mangiare un’idea, avrei fatto la mia rivoluzione.

Ma volete mettere se si potesse mangiare un ideologo?

Marco Cimmino