La tipica frase che mi piace dire – chi lavora con me lo sa – è che “L’Italia è una Repubblica fondata sulla polemica e sulla calunnia” e mai come in questo momento, la citazione dell’Art.1 della Costituzione a modo mio, è più opportuna. Fondata sul lavoro no di certo, anche se personalmente non sono convinta che un essere umano abbia nel suo DNA il lavoro, ma questa è un’altra parentesi: chi lo ha detto che il problema di una nazione sia la disoccupazione? Anche questa, come quella del contante, è una battaglia del proletariato moderno di quella sinistra politicante, che ha in testa la busta paga e nient’altro. Il problema è semmai la povertà, non l’inoccupazione in sé. Apriamo le danze alle polemiche incrociate..
Quando si tratta di fare polemiche sterili e inutili in Italia siamo sempre in cima alla lista, mi chiedo se i signori del contate per evasori si rendano conto che il Bancomat è uno strumento che si utilizza normalmente per i pagamenti da tantissimi anni, e che il tetto al contante invece è un’idea che è stata introdotta dopo diversi secoli dall’invenzione della moneta. Il pressing sul contante è una strategia di impresa, il contante in sé non è né buono, né cattivo. Nel VII secolo in Turchia si iniziavano ad utilizzare le monete per far fronte alle ingiustizie determinate dai baratti iniqui, per dare forma alla tassazione ed era uno strumento di democrazia. A tutt’oggi siamo soliti dire che “gli arabi sono dei mercanti” proprio per queste idee innovative che portarono con sé. La moneta è una delle poche invenzioni dell’uomo, perché per tutto il resto egli ha semplicemente copiato la natura imitandola o adattandosi ad essa.
La tessera di debito invece, perché dovremmo chiamarla per quello che è, cioè una tessera di debito, è tipica dei momenti di regime: il regime comunista la utilizzò nell’800, sotto forma di vera e propria tessera per il razionamento del cibo, fu utilizzata anche in Europa nel ‘900, molti dei nostri avi se la ricordano perché dava diritto al razionamento degli alimentari nei negozi.
Il bancomat non è una carta di credito, la carta di credito consente un incremento di liquidità veloce e temporaneo per l’acquisto immediato e l’uscita di soldi i modo rateale e tassato per beni per i quali non si dispone del corrispettivo o per i quali si intende avere un credito immediato, simile a un finanziamento, cioè sono soldi della banca; la carta di debito invece sono soldi già tassati da redditi o da altro, ed è uno strumento sostitutivo della moneta, quindi è un conto corrente viaggiante, che in linea di massima non dovrebbe avere dei costi (in realtà li ha e ci chiediamo come mai, visto che dovrebbe sostituire gli sportellisti e quindi abbattere di per sé dei costi per le banche) nonché consente di viaggiare in sicurezza senza aver timore di essere depredati (anche se da quando esistono i pagamenti touch anche questa funzione è scomparsa e chiunque può spendere i vostri soldi utilizzando un semplice orologio con un software).
Se i pagamenti in nero sono effettuati con il passaggio dalla carta di credito possiamo effettivamente sostenere che si tratti di un modo per alterare il valore dei soldi rispetto a quanto stabilito dal contratto della banca, seppure non illegalmente, ma se si prelevano da una carta di debito i contanti non alterano alcun equilibrio e rispettano le regole dei pagamenti per come sono nati: il bancomat serviva per prelevare piccole quote e per non girare con il malloppo, ovvero proprio per avere contanti sempre a disposizione, senza averne a disposizione. L’evasione fiscale? Non c’entra niente! Stiamo davvero alterando la visione delle cose, con una verità percepita che – a un Millennial – potrebbe anche sembrare vera, ma è una bufala.
Quando sentiamo dire che il contante è la fonte principale dell’evasione fiscale mi scappa vagamente da ridere: gli spacciatori, per esempio, spostano enormi quantità di denaro che non sono scoperte – raramente i grandi affaristi non coprono i loro traffici con delle fatture – semmai sono i piccoli evasori: quelli che non pagano i biglietti del bus, quelli che chiedono l’elemosina, quelli che si fanno fare i lavoretti domestici dagli amici e non dai professionisti, che possono rimediare un danno.
In piazza, a protestare, infatti, non vediamo mica i grandi industriali o gli affaristi. Se il contante fosse la base dell’evasione fiscale state sereni che ci sarebbero proteste vere, non proteste dei poveri, che hanno in tasca i 2 euro per il caffè.
Eppure, se ci pensiamo bene, ciascuno di noi può ricordare dei momenti in cui il contante non era demonizzato come oggi: negli anni ’80, in pieno boom economico e quando l’evasione fiscale non era percepita come un danno all’erario, ma semplicemente come un modo per “farla franca” rispetto alle burocrazie – perché nella maggior parte dei casi di quello si tratta – il contante veniva prelevato quando arrivavano stipendi e pensioni e tenuto con sé in casa e nel portafoglio. Vi parrà assurdo ma uno dei modi per risparmiare tantissimo è proprio prelevare in contanti il proprio budget e farselo bastare fino a fine mese. Eccolo il primo dei punti deboli del pagamento elettronico: disincentiva il risparmio, annulla la trattativa tra chi compra e chi vende, insomma rende tutti schiavi del prezzo e quindi del sistema. Impedisce alla fonte di stabilire il prezzo delle cose, obbliga a sistemare tutto in una sorta di automatismo, calmierando il prezzo, dando un prezzo fisso, il mercato muore e con lui anche noi.
Ma i soldi in contanti, oggi come oggi, a cosa servono? Lasciamo perdere la TV che parla dei soldi come se ci fossero migliaia di evasori che lavorano in nero ovunque: almeno fosse così! Cazzate! Non è così.
Il contante, oggi come oggi, si usa principalmente per pagare sigarette (iper-tassate dallo Stato come beni di lusso e vendute solo nei luoghi adibiti); monopoli di Stato e giochi legalizzati (che sono pagati fior di soldi e sono furti tecnicamente basati sul criterio di perdita e di dipendenza); macchinette per il caffè (per le quali si stanno prevedendo pure le App, che altro non sono se non un sistema per costringere a comprare uno smartphone moderno); i mendicanti (gli unici due momenti in cui mi sono trovata a non avere soldi era proprio per gli accattoni, dategli un bancomat per chiedere l’elemosina già che ci siete); l’offerta in chiesa (immagino la perpetua girare con il POS e scusate ma la faccenda inizia a diventare succulenta); le mignotte (che a questo punto dovranno rientrare nel reddito di cittadinanza oppure alle dipendenze degli spacciatori e dei magnaccia); nei banchetti dello street food (dove vanno specialmente i ragazzini a pranzo, a questo punto tutti dotati di bancomat dai 12 anni in su) e altre amenità.
In compenso il limite entro cui possiamo rimanere per i contanti da privato a privato, non è di 60 euro o quel cavolo che decideranno: ogni persona rimane libera di dare al figlio dei soldi, nel limite di un tetto contante di mille euro, dopo di che bisogna usare un bonifico, vale per tutto, perché possiamo anche prestarli a un parente e fare un giro in questo senso, o a un amico, per cui rientrano serenamente tutte le transazioni che in Italia sono etichettate come il classico nero, ovvero i lavori artigianali, i dentisti, i liberi professionisti e – appunto – ogni sorta di evasione fiscale. Tenuto conto che infine i negozi non possono evadere il fisco per gli strumenti, visto che per le garanzie servono date e fatture, direi che questa polemica del contante per l’evasione è “una cagata pazzesca”.
Certo, sono punti di vista, ma i soldi sono il nostro unico mezzo di potere, alternativo alle armi, non è certo la protesta in piazza a fare la politica, è la capacità di spesa a determinare quanto contiamo, oggi come oggi, nella società. Non comprenderlo o negarlo è ridicola ipocrisia. Il voto non è un mezzo di potere, la stampa non è più potere, tutto è stato detonato e specialmente disintermediato, con la prima conseguenza di rendere inutile ogni attività, se uno vale uno, ognuno conta come nessuno.
L’unico mezzo rimasto per decidere dove andare sono i soldi, quelli su cui si ha governo e disposizione. I contanti, proprio quelli. Togliendo anche questo ultimo limite non resta nulla.
Ciechi osannando alla libertà e all’uguaglianza – che strutturalmente non esiste in natura – che piace tanto ai bambini (lo voglio anch’io), in realtà perderemo anche la possibilità di scegliere chi pagare e come pagarlo, così saremo obbligati a dover fare la fattura anche ai genitori che preparano la colazione, perché alla fine della fiera in questa visione da drogati, psicodrammatici, anche il lavoro domestico è lavoro nero, il sesso tra coniugi è prostituzione fatturabile e fare figli è un’attività paragonabile all’agricoltura e all’allevamento, quindi fa fatturato anche quello.
La visione di oggi per paradossi– in Italia – è questa porcheria demenziale di persone stanche, stufe, prive di inventiva, che hanno sempre bisogno di un capo espiatorio: la disoccupazione, la crisi, il contante. L’unica volta che avevano la possibilità di prendersela con qualcosa di colpevole, durante il Covid, ovvero con il virus, siccome non rispondeva in TV, hanno inventato la delazione.
Tra poco inventeranno anche un software che dalle foto che pubblicate su Instagram risale a dove abbiamo acquistato gli oggetti che abbiamo in casa, quando e quanto costano e se non troveranno lo scontrino ci metteranno certamente in galera, e questo è un buon motivo per liberarsi dagli scontrini prima di entrare in casa, così i piccoli detective della delazione daranno di matto, come fanno i preti durante la predica, che vedono demoni ovunque.
Succederà come in pandemia, che hanno lasciato a casa infatti i lavoratori non vaccinati e istituito il tribunale del virus, perché “L’Italia è una Repubblica fondata sulla polemica e sulla calunnia” e il lavoro non lo vuole più nessuno, in una nazione in cui la maggior parte delle persone con un reddito fisso è pensionata o percettore di reddito di cittadinanza, secondo la vulgata, l’emergenza sarebbe il contante. Ah, Ah, Ah, come barzelletta non è male. Mettiamo questa panzana nel posto dove merita. “Il contante alimenta l’evasione fiscale” va nel gossip.
Martina Cecco