C’è chi vorrebbe «modificare» o meglio «integrare» un articolo nella Costituzione italiana per garantire a tutti l’accesso al web. Una integrazione inutile poiché già lo garantisce (come tante altre cose e diritti). Basterebbe solo applicarla nella sua completezza e magari pensare ad abrogare quegli articoli (disposizioni) transitori mantenuti eternamente che, invece, contrastano con le libertà garantite dalla Costituzione. Ma noi, italiani, siamo quelli dello «aggiungere» e mai del «sottrarre»; siamo quelli del «transitorio permanente» e gran parte delle nostre scelte esistenziali viaggiano su queste sole alternative. Ma il «transitorio permanente» può anche far evaporare le persone che … burocraticamente non esisteranno più. Non hai la connessione internet (tra l’altro a pagamento), non puoi accedere ai servizi dello Stato. E se non puoi accedere ai servizi dello Stato… non esisti più. Sei un ‘’burocraticamente morto’’ che vive. Perché? Poiché non puoi accedere ai servizi dello Stato, puoi accedere ai servizi degli Enti statali, regionali, comunali. Vuoi un certificato… devi farlo telematicamente. Vuoi accedere alla pensione? Devi avere lo SPID1, SPID2 e accedere al servizio Inps… telematicamente. E così per tutti gli altri servizi che da gratuitamente, perché in teoria ‘’servizi dello Stato’’ ai cittadini, diventano a pagamento e gestiti da strutture telematiche che di fatto sono società private.
Ecco allora che riemerge ciò che si era assopito: il dibattito attorno al «diritto a internet» come libertà da custodire attraverso la Costituzione e da garantirsi con l’aggiunta di una «disposizione specifica» all’articolo 21. Questo «falso problema» era già emerso con la pandemia, che ha obbligato all’utilizzo della rete per lavorare, per l’istruzione scolastica, per informare e rimmerge oggi nel «sistema burocratico» degli accessi agli Enti (Inps, Agenzia delle Entrate, Amministrazione comunale, ecc.) con la «identità digitale» (Spid1, Spid2 ecc.). Cosi che chi non è collegato alla rete perde i diritti di cittadinanza poiché difficilmente gli è possibile accedere ai servizi amministrativi. Ma non è la Costituzione che glielo impedisce! Ma l’organizzazione territoriale delle connessioni alla rete.
Non servono aggiungere altre parole alla nostra Costituzione. Quando i costituenti scrissero l’art.21 c’era la radio ma ancora non c’era la tv eppure la «garanzia» della libertà d’espressione vi si applicava già, così come oggi già si applica alla rete. Quindi l’art.21 della Costituzione è sufficiente a difendere la libertà di «parola elettronica».
In politica amministrativa dovremmo imparare che per far funzionare bene il Paese è necessaria una «economia del linguaggio», una economia dei segni. Del resto è questa la lezione che gli uomini e donne della politica attuale non hanno appreso ciò che invece i costituenti impartirono e misero per scritto ben oltre settanta anni fa quando almeno un quarto delle loro discussioni fu speso per «espellere» il sovrappiù dal testo, per diminuirne il peso. Tutto l’opposto di oggi dove già la legge di bilancio ogni anno si allunga per ben mezzo milione di caratteri. È la maledizione del nostro tempo: troppe parole per poi lasciarle interpretare.
Per questo siamo il Paese con il numero di leggi amministrative più alto al Mondo e ogni nuovo Governo torna a parlare dell’esosa quantità di leggi che vanno a comporre il nostro ordinamento. Sono 187mila quelle emanate dalla nascita dello Stato unitario a oggi; per questo ogni nuovo Governo annuncia l’intenzione di dare il via a una nuova operazione di semplificazione. Venne creato addirittura un ministero, quello della «semplificazione normativa» … ed una legge apposita.
Gli atti normativi in vigore sono circa 111mila. Si tratta, però, solo di quanto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, quindi materiale che ha sola valenza nazionale. Nel conto, per dirne una, manca la legislazione regionale, poi quella provinciale, poi quella comunale e infine quelle circoscrizionali… passando fra quelle degli enti locali, dall’INPS, dalle ASL, dagli Uffici del Lavoro, dai Consorzi, ecc. Una visione che fornisce un’idea a proposito della quantità di materiale esistente e.… interpretativo. E meno male che l’ex ministro per la Semplificazione normativa Calderoli aveva dichiarato di essere riuscito a tagliare 375mila leggi inutili, celebrando il gesto dando fuoco a un muro di carte. Però ne è rimasto sepolto e per non morire di «semplificazione» vi ha rinunciato. Ultima in carica la senatrice Maria Elisabetta Alberti Casellati, ministro senza portafoglio (vuol dire senza un budget economico attribuito per svolgere la funzione) del ministero per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa, chiaramente un ‘’sotto incarico’’ del ministero della Pubblica Amministrazione, guidato dal Ministro Zangrillo, secondo cui “per rilanciare il nostro Paese è necessario, più che mai, intraprendere un percorso di semplificazione che non è più rinviabile. Una sfida prioritaria alla quale lavoriamo sin dal nostro insediamento, anche in relazione agli obiettivi del Pnrr, che ci impone di reingegnerizzare e digitalizzare 600 procedure entro giugno 2026” e continua ‘’“Abbiamo già semplificato oltre cento procedure in settori strategici e prioritari, come telecomunicazioni, ambiente, infrastrutture”, sottolinea Zangrillo, che ricorda anche “il disegno di legge delega per la semplificazione dei procedimenti amministrativi in diversi settori, quali turismo, disabilità, farmaceutica”. Inoltre, prosegue, “nel decreto PNRR stiamo mettendo a punto un ulteriore pacchetto di semplificazioni e stiamo predisponendo un disegno di legge che conterrà ulteriori misure”. Ma le vecchie leggi saranno abrogate? Oppure moriremo di burocrazia? Ed io… io che ho il passaporto e la carta di identità ormai scaduti da quasi due anni non ho diritto al loro rinnovo perché non ho lo SPID1, lo SPID2 e non posso collegarmi telematicamente con il Consolato d’Italia e l’AIRE dell’ultimo comune in cui ero residente perché dall’estero non ci si può «collegare». Di fatto non ho diritto ad alcun documento, non ho diritto di «esistere»…. ma, purtroppo per loro, respiro ancora. Vi rassicuro: come me ci sono migliaia di italiani che vivendo all’estero, cioè fuori dall’Italia, si trovano nella stessa mia situazione. Il grave è che ci sono altrettante migliaia di italiani che pur vivendo all’interno dei confini nazionali si trovano ugualmente nella mia stessa situazione: di fatto burocraticamente assassinati.
Marco Affatigato