Il potere ha bisogno di distruggere le relazioni sociali, di creare individui soli, perfettamente manipolabili. In alcuni paesi è persino legittimato il fatto di dover celare il volto con una maschera. Ma come si fa ad avere una relazione con l’altro senza vederlo in faccia?
Proprio il volto umano è la parte del corpo che deve essere sempre denudata e che non deve essere nascosta. Non è un caso se nell’antica Grecia lo schiavo veniva definito come ‘’senza volto’’, quindi senza dignità. Oggi è il ‘’documento di identità’’ che generalmente conferma il tuo volto. E chi non ha documento di identità?
Questa mattina ho ricevuto una telefonata da un amico che mi dice: “Ieri, ero in vespa con il casco, ti ho visto attraversare, ti ho anche chiamato, ma non mi hai risposto”; poi, dopo avergli detto che mi dispiaceva, ma non lo avevo sentito né visto, gli ho chiesto: “Ma sei sicuro ch’ero io?” . Lui rispondendomi dice: “Certamente! Avevi i pantaloncini corti e calzettoni bianchi”. Non ero io! Oggi non indossavo i pantaloncini corti né tanto meno i calzettoni bianchi. Penso che questo sia un episodio banale, che sarà accaduto a chi sa quanti. Eppure, questo piccolo incidente mi ha fatto riflettere sull’importanza del volto umano: è impossibile una relazione senza il riconoscimento del volto dell’altro.
Mi sono ricordato di aver letto da qualche parte che ogni essere umano appena apre gli occhi alla vita cerca un volto e un profumo: quello della madre. Una ricerca che continua per tutta l’esistenza e che rappresenta l’anima della stessa comunicazione e relazione con gli altri. Noi scopriamo di essere uomini o donne quando riusciamo a fissare un volto e dire “tu”. Il neonato cerca, infatti, il profumo e poi il volto della madre, come il bambino cerca il volto dei genitori, l’amante cerca il volto dell’amato, il discepolo cerca il volto del maestro.
Il dramma dell’attuale società liquida e postmoderna sta nel fatto che l’uomo e la donna di oggi non sanno dire coscientemente «tu» a nessuno. Proprio in questa drammaticità risiede e si nasconde l’ossessiva e violenta ricerca di potere che caratterizza largamente i rapporti usuali tra le persone, basati perlopiù sulla sistematica riduzione dell’altro a un disegno di possesso e di uso.
Si tratta di un modello culturale da tempo imposto dal potere e alimentato attraverso la sua micidiale macchina di propaganda. Basta guardare una qualsiasi fiction televisiva in prima serata, o leggere i rotocalchi d’intrattenimento. Il potere ha bisogno di distruggere le relazioni sociali, di creare individui soli, isolati, possibilmente single, senza radici, senza identità, fragili, indifesi ed impauriti, ovvero dei soggetti perfettamente manipolabili.
Ci sono persino paesi e religioni che persino legittimato il fatto di dover celare il volto con una maschera. Ma come si fa ad avere una relazione con l’altro senza vederlo in faccia? Proprio il volto umano è la parte del corpo che deve essere sempre denudata e che non deve essere nascosta. Non è un caso se nell’antica Grecia, lo schiavo veniva definito come ἀπρόσωπος (apròsopos), ossia senza (a) volto (pròsopos), quindi senza dignità, senza libertà, una mera “res”, un oggetto nelle mani del padrone. Il volto scoperto è segno di libertà. Pure i lebbrosi allontanati dalla comunità erano senza volto.
Il volto è anche ciò che contraddistingue l’uomo dall’animale, come ci ha insegnato il grande Cicerone nella sua opera De Legibus (I, 27): «(…) is qui appellatur vultus, qui nullo in animante esse praeter hominem potest, indicat mores» (quello che si chiama volto, che non può esistere in nessun essere vivente se non nell’uomo, indica il carattere di una persona).
Il volto è un elemento essenziale della relazione umana.
Persino Dio per farsi conoscere dagli uomini ha dovuto far intravedere il Suo volto diventando uomo, cioè entrando come persona nella storia. Si è rivelato attraverso il volto di Gesù Cristo, che è diventato il volto del destino umano, la natura del significato del nostro essere, proprio perché Gesù Cristo è il volto del Padre.
Così la definizione totale del significato dell’uomo nel mondo è passata attraverso un volto.
Mi sono anche ricordato che il filosofo lituano Emmanuel Levinas ha dedicato gran parte della sua ricerca filosofica proprio al significato del volto.
Per il pensatore lituano, l’epifania, e dunque la manifestazione dell’altro, avviene nel dialogo, nel “faccia a faccia”. L’altro diventa quindi una rivelazione concessa in particolare dal volto, che è il mezzo di comunicazione primo e lo strumento attraverso il quale l’umanità di ciascuno si palesa, al punto da far intravvedere una traccia dell’Infinto.
Il volto è il luogo in cui, più che altrove, si giocano le dinamiche dell’uomo, e quindi anche il suo rapporto col Potere. Per questo – come ha lucidamente scritto Giorgio Agamben, un altro filosofo che stimo – il volto è anche «il luogo della politica». Agamben avverte, però, che «un Paese che decide di rinunciare al proprio volto, di coprire con maschere in ogni luogo i volti dei propri cittadini è, allora, un Paese che ha cancellato da sé ogni dimensione politica», e «in questo spazio vuoto, sottoposto in ogni istante a un controllo senza limiti, si muovono ora individui isolati gli uni dagli altri, che hanno perduto il fondamento immediato e sensibile della loro comunità e possono solo scambiarsi messaggi diretti a un nome senza più volto».
Mai come in questi tempi cui il diritto appare condizionato, in cui appaiono spesso gli Ausnahmezustand (stato d’eccezione) come descritti da Carl Schmitt in cui si rischia di diventare un paradigma normale di governo, il volto è davvero il luogo della politica. È la sfida alla tirannia che pretende un popolo di “apròsopos”, fatto di individui senza volto, segna dignità, senza identità, senza libertà.
Ancora una volta Agamben sul punto è chiarissimo: «Il nostro tempo impolitico non vuole vedere il proprio volto, lo tiene a distanza, lo maschera e copre. Non devono esserci più volti, ma solo numeri e cifre. Anche il tiranno è senza volto».
Numeri e cifre …Spid, identità digitale, ecc….altrimenti non esisti.
Marco Affatigato