Tempo fa affrontai un pensiero riguardante la ‘’resilienza’’ e la ‘’resistenza’’ in merito alla necessità di migliorare capacità di interventi alla luce della crescente frequenza di problemi sociali che aumentano il divario ‘’ricchi’’ e ‘’poveri’’ e quelli di disastri naturali ed eventi climatici estremi occorsi in questi ultimi decenni. Oggi penso che sia necessario, quindi, sottolineare l’importanza di potenziare la resilienza per prepararsi alle perduranti e anche nuove minacce, per gestire le crisi e facilitare la ripresa del Paese.
La RESILIENZA, come si sa, è un termine derivato dalla fisica che descrive l’elasticità o capacità di un materiale di tornare alla sua forma originale dopo essere stato sottoposto a una sollecitazione esterna. Per analogia, il termine resilienza è stato in seguito usato in diversi campi per esprimere la capacità di una comunità o di una società di riprendersi da gravi scosse, come una crisi sociale oppure una crisi economica o, ancora, una distruzione ambientale. Ma migliorare la resilienza significa rafforzare la capacità di reagire sotto ogni aspetto: dall’impegno per evitare o mitigare il danno sociale, economico o ambientale, al supporto al processo spesso lungo e laborioso della ripresa. A questo fine sono naturalmente necessarie e importanti le politiche e le risposte delle istituzioni tutte (dall’Amministrazione comunale, provinciale, regionale e statale) e laddove queste non intervengano ecco che il ‘’potere d’intervento’’ spetta ai cittadini riuniti in comitati, partiti, movimenti e sindacati. Ed è qui che si vede la comunità! Poiché laddove si trova una forte resilienza sociale, si trova anche una forte comunità. Ecco quindi intervenire l’importanza di ‘’alimentare quotidianamente’’ il «capitale sociale» di interconnessione e le ‘’reti’’ tra le persone poiché più di qualunque altra cosa contano la volontà stessa e la vitalità della popolazione che vive e forma quella comunità.
Per rendere concrete le molte possibilità insite nel concetto di RESILIENZA, dobbiamo quindi allargare e riformulare il significato che viene attribuito a questo termine. LA RESILIENZA, in altre parole, non va intesa semplicemente come la nostra capacità di prepararci e reagire alle minacce, bensì come realizzazione di un futuro pieno di speranza, radicato nel desiderio direi naturale delle persone di ‘’lavorare insieme’’ per il raggiungimento di obiettivi comuni e di percepire in maniera tangibile il progresso verso tali obiettivi. Ecco il motivo per cui la RESILIENZA dovrebbe essere vista come un elemento integrante il progetto, condiviso dalla comunità, di creazione del futuro. Progetto al quale chiunque in qualunque luogo si trovi può partecipare e che deve gettare le basi solide per una «società sostenibile».
Non è quindi sufficiente reagire a posteriori, come spesso avviene; è necessario effettuare una trasformazione della base stessa che va da ‘’singola persona’’ a ‘’ comunità di cittadini’’, che va da ‘’singolo militante’’ a ‘’movimento’’. Penso che questa è la sfida primaria per noi stessi: il processo culturale e sociale con cui ogni persona, nel proprio rispettivo ruolo e con le proprie capacità, si impegna a creare quel valore che sta solo nel divenire ‘’comunità di cittadini’’ per apportare beneficio alla società tutta e al futuro del Paese.
Penso che la principale sfida di ognuno di noi e proprio quella di impegnarsi non per far ripetere la Storia, poiché non lo siamo destinati e ciò che è stato è stato, ma imprimere alla Storia, attraverso i nostri sforzi e in relazione alla nostra situazione personale, una svolta nuova e senza precedenti. Quindi: FARE LA STORIA.
Marco Affatigato