L’imbuto della vertigine si presenta all’improvviso una mattina, davanti allo specchio, nel riflesso di una faccia gonfia e gli occhi semichiusi e gonfi anch’essi dove stenti nel riconoscerti. Ehi, sono io… questo? Pensi di avere dormito male, pensi di avere mangiato un po’ troppo la sera prima, pensi e ripensi mentre sfogli Google cercando la risposta più rassicurante.
Siamo così, vigliacchi con noi stessi fino all’autolesionismo, e così è iniziato il mio vertigo. E così è stato. Passa il giorno, ma il gonfiore rimane. Idem il giorno dopo ed il giorno dopo ancora. Pensi all’inizio, a quel rossore facciale intenso, sarà un allergia pensavo, rassicurando l’animo per l’ennesima volta. Il medico di base non ti visita, ti guarda a malapena e forse pure a malavoglia, è un’allergia, sentenzia, mentre tu, intimamente, provi un senso di soddisfazione per le tue ricerche su internet. Ma non sei un medico, a pensarci bene forse non lo è neppure il medico di base o almeno non come i medici condotti di una volta, quando correvano tra una casa di un paziente e l’altro, con lo stetoscopio al collo e la valigetta del mestiere in mano. Questi di oggi sono dei ragionieri strappati alla contabilità. Infatti riempiono le ricette come un contabile riempiva i fogli di numeri. Altro non è dato a fare.
Va beh, dai, analisi del sangue e richiesta per la visita da un allergologo. Tempo per un appuntamento: 3 mesi e mezzo. A pagamento? 160 euro, lunedì prossimo. Così è se vi pare. Mi presento dall’allergologo imbottito di istaminici, praticamente da dopato, val bene ugualmente, risponde, facciamo il test. Test negativo. L’allergologo mi guarda, più che altro mi dà un’occhiata, sentenziando che sia una congiuntivite. Più di una sentenza, una pontificazione. Un otorino, ha bisogno di un otorino. E’ una congiuntivite? Così ha detto, rispondo alla domanda del medico di base. Prescrive gli antibiotici mentre formula la richiesta di una visita da un otorinolaringoiatra. Tempo di attesa: 4 mesi. Dietro pagamento la settimana successiva. Funziona così nel Belpaese.
Ah, le analisi dl sangue sono andate bene, solo il PSA un po’ troppo alto lascia intendere il bisogno di un controllo più approfondito. Faremo pure questo. Non è una congiuntivite, lei ha bisogno di una visita da un immunologo ed allergologo, ma stavolta vada senza l’antistaminico addosso. Il verdetto dell’otorino non lascia spazio a dubbi. Conosco la prassi, telefono direttamente prendendo un appuntamento senza passare dalla solita ricetta inutile al caso. Pecunia olet. Nel senso riesce ad oliare. Puzza sempre, ma unge bene. Nel frattempo, ben due scatole di antibiotici, sono passati come acqua fresca lasciando rossore e gonfiore intatti.
L’imbuto della vertigine si ripresenta 3 giorni dopo con un collo elefantino. Le scuse vigliacche finiscono al Pronto Soccorso di un grande ospedale bresciano. Una ecografia dal verdetto cattivo annuncia una trombosi alla giugulare destra ed alla vena cava superiore. Generalmente, una trombosi, è la punta di un iceberg maligno. Una TAC ed un’altra ancora. Dopo il primo giorno saranno 4 di cui ben 2 con contrasto. Una serie innumerevole di ecografie e di radiografie prima di completare con una risonanza magnetica della durata di un’ora. Se stringessi in mano una lampadina, l’accenderei.
Nessun tumore, il sollievo si materializza in lacrime copiose. Ma… allora? Non lo sappiamo da cosa, sine causa. Senza causa recita il bollettino di dimissioni scritto in una cartella clinica dove sta scritto di tutto, ma soprattutto di niente come afferma il mio cardiologo –bravo, almeno lui si, un amico- trovatosi nell’incapacità di darmi una cura adeguata al mio coagulo per la mancanza di uno straccio diagnostico. Or bene, una diagnosi esiste: recarsi al Pronto Soccorso in caso di gonfiore od eritema. E tu guardi lo specchio 300 volte al giorno per altrettanti 300 batticuore. E’ la sanità italiana, bellezza, un avanti il prossimo velocissimo perché pecunia non olet. Nel sotto a chi tocca gli lascio il posto mio tra altrettante TAC e risonanze, nessuna visita, ma tanta premura di tenere il letto occupato.
Il mio cardiologo, un giovane professionista dall’età di mio figlio, esercita in un minuscolo ospedale della provincia. Prima o poi troverà l’automobile con le gomme squarciate, è il prezzo dell’onestà.
Marco Vannucci