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Cultura e storia

L’icona di Padre Pio

Padre Pio, al secolo Pietro Forgione, nacque a Pietrelcina (BN) nel 1887, da famiglia contadina e molto religiosa.

L’humus era quello dei luoghi e dell’epoca: Sud, non profondissimo come Calabria o Sicilia, ma abbastanza sprofondato per povertà e arretratezza.

Cosa sia il sud, non è domanda a una sola risposta; e nemmeno sarebbe agevole, tra le mille reperibili, trovarne qualcuna che tragga conclusioni definite a sufficienza.

Dove inizia e dove finisce il mezzogiorno d’Italia? Se si intende dal punto di vista etnico, forti legami esistono già a partire dalle Marche, seguendo il versante adriatico, come si può dedurre da sembianze, cognomi e anche, perché no, suono, se non struttura, dei dialetti. Se si guarda alle etnie, le mescolanza si fanno folli, le miscele esplosive: dai ceppi antichi, come i Bruzi, i Dauni, i Messapi, seguendo innesti asiatici, greci, latino/romani, longobardi, normanni, con isole arabe, slave, spagnole, diventa difficile perfino iniziare a pensare a una  forma omogenea di questa parte della penisola (come, riteniamo, di quasi ogni parte del mondo).

Dunque, non si affronta in questa sede un quadro del fenomeno, che comporterebbe spazi più ampi di quelli imposti; ma un discorso di percezione, quello si deve accennare.

E l’idea primitiva, istintiva, senza mediazioni, di cosa esso sia stato e sia, di come siano stati “recepiti” i suoi abitanti per indole e disposizione d’animo, può arrivare solo da chi visse l’impatto con i nuovi venuti nel nord italiano.

Una congerie di emozioni investì i settentrionali, soprattutto nel dopoguerra. Le reazioni furono di ogni tipo, positivo o scomposto, dipendendo anche dal grado di cultura di chi accoglieva, dal maggiore o minore isolamento in cui era vissuto, dal grado di interposizione della politica e delle istituzioni cattoliche, e dalla loro influenza, nel cercare di affratellare popolazioni che si guardavano con timore o temendo gli uni di perdere il lavoro per colpa degli altri.

Si formarono dunque, sui meridionali, luoghi comuni duri a morire, perfino confermati da certe ricostruzioni sui libri di testo che potevano confondere; utilizzati, per giunta, da professori in difficoltà davanti alle scolaresche eterogenee del tempo della “scuola per tutti”. Crebbero pregiudizi non smentiti da storici illustri e giornalisti, interpreti non sempre benevoli, a volte inconsapevoli detrattori perfino se ben intenzionati. La materia delle immigrazioni è esplosiva, se non trattata con cautela. Il sud ha invaso il nord, o il nord sabaudo ha colonizzato il sud, privandolo delle sue vere risorse, con una sorta di colonialismo interno?

In ogni caso, le icone resistono. Troviamo così i siciliani ricciuti, solari, esplosivi, gelosi, in coppola e lupara se maschi, velo quasi islamico se femmine; i calabresi caparbi e di animo introverso; i napoletani (traslazione che si allarga a tutti i campani) pizza , mandolino e furberia ( traslazione bis, debordata su tutti gli italiani); i pugliesi con la “e” stretta, (vero solo a metà); i misconosciuti lucani e molisani; fino al nord del sud, gli abruzzesi che scamparono al sarcasmo, definiti “forti e gentili”.

In generale serpeggiava l’idea della minore capacità di lavoro, riconoscendo però una filosofia della vita più riflessiva e analitica. Si procedette a infilare masse di ex contadini in fabbrica e nelle divise; i più acculturati divennero maestri, professori, magistrati e naturalmente avvocati, si fece spazio a un po’ di politici e l’Italia fu fatta. Il fascismo esortava a rimboccarsi le maniche; il duce dichiarava di voler riscattare il sud e  ” raddrizzare” gli abitanti di quella casbah sotto il Vesuvio, indomabile, quale Napoli veniva considerata.

Discorso a parte meriterebbe la Sardegna, un’isola che vive di proprie radici, come le Baleari, ma più grande; autonomista, però ossequiosa alle regole e al verbo centrale più di altre; dove le istanze di indipendenza hanno sempre assunto toni contenuti, pur nella tenacia con cui a volte sono state portate avanti.

Poiché la questione era – e resta – più complicata da risolvere, fermiamoci qui: al mezzogiorno della fascia sub centrale, fatto di grama esistenza nei campi ancora in mano ai latifondisti, quello dove le cose non andavano bene neppure laddove Cristo si era fermato, figuriamoci oltre; e la religione era una grande consolazione. 

Qui Pietro svolse la sua infanzia e prima adolescenza, da contadinello nei campi, ricordato per il temperamento: di indole inquieta, era di una assoluta ritrosia davanti a scherzi neppure volgari, anche appena innocentemente maliziosi. Studiò grazie all’interessamento di un sacerdote, svolgendo un programma ristretto, che oggi chiameremmo cinque anni in uno; avvertì la vocazione, intraprese la strada dal primo gradino di noviziato in su e, nemmeno ventitreenne,  fu ordinato monaco.

In realtà per regola si sarebbe dovuto aspettare un anno ancora, ma si temeva che quel ragazzo avesse poco da vivere. E’ impressionante la lista di affezioni e malattie da cui pare sia stato afflitto, a prescindere dalla questione delle stimmate. Disturbi polmonari, articolari, gastrointestinali lo assillavano, senza contare singole situazioni (come un problema all’orecchio) e le conseguenze di tutto quel soffrire e curare, come nausee e inappetenza. Il fisico si debilitò, il sistema neurovegetativo probabilmente ne risentì.

Anche da militare, in tempo di guerra a Napoli, veniva più volte esonerato per motivi di salute e per questo, dovendo trovare una salubrità adatta ai suoi malanni, finì in Puglia, sulle alture di San Giovanni Rotondo, da dove in pratica non si mosse fino alla morte.

Le foto giovanili ce lo mostrano rotondo di fattezze,  occhi già profondi e indagatori. Egli dichiarava di subire attacchi demoniaci; in convento, i confratelli testimoniarono in seguito di aver udito orribili rumori provenire dalla sua cella, come di percosse e gemiti di dolore.

Le tappe della sua esistenza sono scandite nel modo che i fedeli ben conoscono. Ciò che arriva al grande pubblico non particolarmente devoto, sono le principali: le stimmate, il subitaneo passaparola che portò fiumi di popolo adorante sotto le mura del convento; le voci malevole, le invidie; il secco parere delle alte gerarchi ecclesiastiche; i pettegolezzi sulle premure di alcune sue seguaci.

In effetti la devozione aumentava smisuratamente e a volersi confessare, giungendo da ogni dove, erano soprattutto le donne. Su di loro egli contava per certa assistenza materiale, come i lavori di cucito (siamo lontani dall’autosufficienza di Ghandi), palesando una visione poco femminista dei rapporti.  Si diceva anche emettesse profezie.

Suscitò invidie, ma anche interessi d’alto bordo, ricevendo visite di molti aristocratici, compresa la regina Maria José di Savoia.

Quando egli  ebbe l’idea di fondare la Casa sollievo della sofferenza, trovò i finanziamenti grazie anche a una rete di sue adepte: subito fiorirono chiacchiere su queste, e sulla provenienza dei denari. Qualche frate a quanto pare ne approfittava per vendere sottobanco pezzuole intinte nel sangue di gallina. Ad ogni buon conto padre Pio  stabilì che, alla morte, tutto fosse devoluto al Vaticano.

Le chiacchiere aumentarono quando si iniziò a parlare di prodigi e scesero in campo personaggi celebri come l’attore Carlo Campanini, convertito sulla via di Damasco dopo una vita di stravizi ( a suo dire), o il futuro presentatore Luciano Rispoli, che testimonia di bilocazione; o  quando si sentì di confessioni in più lingue; o ancora di quando, secondo alcuni, il frate indovinava le bugie del penitente.

La chiesa ha tenuto una posizione ufficiale di diffidenza per molto tempo. Padre Agostino  Gemelli, del Sant’Uffizio, negli anni venti si recò a visitarlo, ma Pio  rifiutò di farsi toccare, sostenendo non fosse una vista disposta dalla Santa Sede: Gemelli lo bollò come isterico. Molti iniziarono ad accusarlo di mentire, per essersi sottratto al controllo.

In seguito fu visitato, ma anche da queste verifiche non esce un verdetto unanime. I fori nelle mani esistevano, ma potevano avere molteplici cause (compreso l’autolesionismo), inoltre la scienza dermatologica non era molto evoluta.

Il progresso nella ricerca ha stabilito in effetti che esiste un subdolo nesso tra mente e corpo, coniando la definizione di malattia psicosomatica. Anche l’allergologia ha fatto numerosi passi avanti, e casi del genere sono noti: intolleranze varie, dovute a sostanze o materiali presenti negli oggetti di uso comune, determinano talora questi fenomeni.

Papa Giovanni XXIII revocò il divieto di far Messa, in realtà mai osservato. Pertanto gli ultimi anni del cappuccino registrarono una relativa tranquillità, fino alla morte, nel 1968.

L’adorazione si registra soprattutto nell’Italia del sud, ove non mancava quasi in ogni casa una sua effigie, almeno un tempo: ma spesso, anche oggi la si trova. Qualcuno ha sostenuto che se ne sia interessata perfino Lady Diana, nel periodo in cui flirtava con il cattolicesimo.

Dunque abbiamo assistito a un’evoluzione ( o il suo contrario, secondo punti di vista), da icona religiosa a fenomeno pop. Attrici e soubrette come Valeria Marini si sono fatte fotografare in loco; i rotocalchi hanno sbattuto in prima pagina immagini di star discinte, accanto a Padre Pio, in offerta su CD per la preghiera in simultanea; Nichi Vendola , dopo la proclamazione di santità del cappuccino, si è fatto vedere sul posto, in veste di governatore antropologo.

Le polemiche su questa figura imperversano da anni, ma confinate nel web, si può dire. Impossibile ritrovarle su carta stampata o televisione, l’argomento è tabù. Per riassumere, i detrattori non fanno sconti e ne dicono il peggio possibile: da disertore a truffatore dei suoi stessi confratelli, pessimi legami politici, nessuna prova di prodigi, unica certezza il grande movimento di denaro attorno a quel convento.

Evidentemente, per il processo di beatificazione gli sono state attribuite guarigioni miracolose. La pressione dei devoti sembra configurare un tentato politeismo, quasi in concorrenza con  Cristo  (o almeno tale è l’impressione). Qualche anno fa si è deciso di riesumarne la salma, sperando fosse intatta. Così non era. Dunque si optò per un complicato sistema di aerazione di ciò che ne restava, completato con materiali al silicone, esultando per la buona conservazione di unghie e mento. Fu fondata anche una televisione via satellite col suo nome. 

La veloce beatificazione, che prelude spesso alla santità, è una circostanza che subisce accelerazioni sempre più sorprendenti. Se, per esempio, per Pio si dovettero attendere trentun anni  dalla morte  (2 maggio 1999) e altri tre  per la proclamazione a santo ( 16 giugno 2002), per Madre Teresa ne sono bastati sei ( morta nel 1997, beata nel 2003); e Giovanni Paolo II fu spinto agli altari a gran voce un secondo dopo la morte, nel 2005, per approdare allo status  di beato nel 2011 ( qui si è estratta la bara, non potendosi fare di più).

Il Mezzogiorno d’Italia si segnalava, in certo modo, per una religiosità a metà strada tra il precristiano e il folcloristico. Molti modelli di santità andavano per la maggiore, soprattutto i santi patroni, con riti coloriti e meno paludati di quelli ufficiali, o svenimenti e contorcimenti da tarantolati alla vista di braccia o lingue. Naturalmente non possiamo dimenticare la coagulazione del sangue di San Gennaro.

Le tendenze positiviste e post sessantottine hanno favorito un clima di scetticismo, per non dire di sarcasmo, verso questi fenomeni, ma gli anni ottanta hanno riportato in auge le credenze mistiche.

La questione non ha riguardato solo i miti cristiani e cattolici. La New age ha preso figure lontane come Rajinesh, il Dalai Lama o qualche santone di diversa estrazione, facendone modelli di vita; o propagandato filosofie esotiche, basate su energie, demoni non rosso fuoco ma eterei e ariosi, energie sottili, che influenzerebbero le nostre vite, ispirerebbero pensieri laterali rispetto ai binari fissi su cui sono piantate le esistenze umane.

In questo calderone, pieno di buone intenzioni, è finito lui pure, il poverello da Pietrelcina. Nel film “Basilicata Coast to Coast” (2010) lo elevano a icona post moderna e pare che, al confronto con i nuovi guru, esca piuttosto bene.

Carmen Gueye