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Manifestazione a Trento contro la violenza di genere

La settimana scorsa a Trento si è tenuta una manifestazione contro l’omofobia e la violenza di genere. Se ha un senso, parlare di manifestazione contro la violenza DI.. se si è contro LA violenza interpersonale, ha un senso aggiungere un aggettivo? Ok, procedo.. Io naturalmente ho preso parte alla manifestazione, sono una persona libera, liberista e libertaria, non sono certamente mai stata di partiti come il Partito Democratico o il Partito Socialista, ma non sono nemmeno mai stata inserita in un contesto di estrema destra. Essendo una persona individualista e liberale ho a cuore la dignità di tutte le persone e mi preme difendere in primo luogo la MIA, di libertà. Voglio essere libera di uscire senza la paura di trovarmi in tafferugli. Ecco dunque la premessa, che ormai è diventata una moda a causa del bigottismo dei politicamente corretti e degli invasati delle nuove ideologie, fare la premessa, per pararsi le chiappe. FATTA.

Procediamo: Trento è stata animata dalla manifestazione indetta da Arcigay dopo l’episodio di violenza denunciato da una poliziotta transgender, avvenuto nella notte tra il 14 e il 15 febbraio. Il corteo è passato anche di fronte al bar dove si sono verificati i fatti, al vaglio degli inquirenti dove un signore mingherlino di un metro e cinquanta è stato quasi allontanato di peso perché, essendo del Trento Calcio e portando la bandiera della tifoseria per sostenere che la tifoseria non è omofoba tout-court (porca vacca ci mancherebbe pure quello), stava per essere malmenato ed è stato fischiato. In realtà il mingherlino (andiamo giù di body shaming ovvero attacco alle sembianze, che fa brutto ma si capisce meglio) era pro aggredita.

La vittima: signore e signori e signor#, come dicevano durante il corteo, dove si utilizzano le desinenze amplificate, metodo realtà virtuale e si stupra la lingua italiana, si riconosce nel sesso femminile. Va bene, era un uomo, era un uomo che era anche molto ambito, ma basta. Fine. Non accettare che si riconosca nella forma di donna è una violenza di genere, se si sente donna non serve prenderla a randellate, per vedere se ancora tiene il pisello o se invece ormai pensa alla tinta: pensa alla tinta, pensa ai vestiti, alle scarpe, alle borse. Si sente donna, smettetela allora di rivolgervi a una donna, come se fosse un uomo. Chiamatela al femminile. Ho letto testate che si sono spacciate per la Verità della Pizia, in cui si definiva la vittima UN POLIZIOTTO, siamo a -180° il cervello non è nel frigo, ma nel frigidér. Ridaje che lo meni con uno sgabello, che cerchi ancora, il pisello?

No, non ho sempre apprezzato gli interventi. Mi sono risultati spesso molto intrisi di propaganda. Shamar Droghetti, presidente di @arcigaydeltrentino, ha preso parola in piazza Duomo e ha detto che «Quest’ultima violenza scuote negli animi perché si unisce con un filo nero all’escalation che sentiamo sulla nostra pelle».

Personalmente non penso che siano i partiti politici che spingono alla violenza, ma sono propensa a pensare che siano le persone violente che si scelgono i partiti. I Black Block, ad esempio, spaccano tutto, ma non sono di destra. Quindi la percezione a mio parere è un attimo alterata: serve lavorare sulla mente, serve tornare a presidiare il territorio e sviscerare le cose che non vanno, tornare tra la gente e non solamente fare la fotografia di Piazza Santa Maria Maddalena quando gli extracomunitari pisciano nelle fioriere o fare i servizi su Piazza Dante.

Su un fatto trovo piena condivisione, quando il presidente ha dichiarato che «Il modo migliore per rispondere a chi non ci vorrebbe lungo le vie della città è quello di farci vedere pubblicamente, di metterci il nostro corpo e la nostra a forza», serve presidiare la propria città e il modo migliore per farlo è uscire con tutto quello che costa.

Alla manifestazione anche alcuni consiglieri provinciali e comunali, una rappresentanza della giunta di Trento ed esponenti dei sindacati.

Il Sindaco di Trento è stato molto equilibrato ha detto che «Essere in piazza è importante – Franco Ianeselli, sindaco della città – stare in piazza non significa sostituirci a quello che verrà discusso in un’aula di tribunale, ma dire che quei 22 punti di sutura ci sono». Non serve fare negazionismo. Tornando a bomba!

Se ho apprezzato il coro: “Siamo tutte antifasciste?” Personalmente sono convinta che non si accetti mai la violenza, non sono tipo di usare parole inutili, non si picchia la gente è sufficiente, la gente sono tutti/e/# infine l’antifascismo è un ridondante sintomo di estraneità alla Costituzione, che di suo vieta la ricomposizione del partito fascista, ma non vieta a nessuno di definirsi fascista. Tutti hanno il diritto della libera opinione e se è sbagliata si combatte con la dialettica, abbiamo la lingua, serve anche per parlare, oltre che per mangiare. Non andrei oltre, la lingua serve anche a molto altro, ma non è il caso, non è aria.

Cosa viene visto come fascismo oggi? Il fascismo è metaforicamente divieto e obbligo, per cui si diventa fascistoidi anche solo se si hanno delle idee quadrate. Definire ed etichettare le persone è sempre pericoloso, come è pericoloso assegnare sessi errati, è pericoloso assegnare posizioni politiche errate, ognuno ha la capacità di autodefinirsi, per cui essere antifascisti non ha senso, visto che chi non è fascista, non si definisce fascista, non ha alcun bisogno di definirsi in modo alternativo. E’ vuota retorica che ha a che fare solo con taluni casi precisi, ma che non può essere utilizzata senza ratio.

Perché allora ho preso parte, direte voi? Semplice, perché non è accettabile che in una città moderna, dove il benessere è in linea con il benessere europeo, mai stato così alto come ora, dove ci sono soldi, lavoro, salute, si tollerino gesti come questi. Semmai non che io debba spiegare perché ho preso parte, è preoccupante che TUTTI quelli che NON c’erano non abbiano preso parte, direi. Si giustifichino gli assenti, non i presenti, altrimenti Viva il far West.

La direttrice Martina Cecco