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Burocrazia: il nemico invisibile che costa all’Italia 80 miliardi l’anno

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Moduli, code, autorizzazioni. Mentre il mondo corre, l’Italia si impantana nei suoi stessi uffici.

C’è una tassa occulta che pesa sulle imprese italiane, ma non compare in nessuna legge di bilancio. Si chiama burocrazia. Un macigno da 80 miliardi di euro l’anno, che paralizza le nostre piccole e medie imprese, rallenta la crescita e soffoca chi produce valore. A dirlo non è una semplice opinione, ma un’analisi dettagliata dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre, che denuncia come l’apparato burocratico italiano sia diventato una vera zavorra per il sistema produttivo nazionale.

Secondo la CGIA, a soffrire di più sono le micro e piccole imprese, spesso lasciate sole a fronteggiare una selva di adempimenti, scadenze, autorizzazioni e normative spesso contraddittorie. Per ottenere un’informazione o un permesso, molti imprenditori devono affrontare file interminabili e procedure spesso inutilmente complesse, in un sistema che appare sempre più distante dalle esigenze concrete del tessuto produttivo.

CGIA: “Così le imprese italiane vengono schiacciate dalla burocrazia”

Il quadro tracciato dalla CGIA è chiaro: la burocrazia costa ogni anno all’Italia quanto una legge di bilancio, ma senza creare alcun valore aggiunto. E mentre alcune eccellenze – come sanità, ricerca, università e sicurezza – continuano a funzionare, il resto della macchina pubblica arranca, soprattutto nel Mezzogiorno.

L’indagine mette in luce come i tempi medi per il rilascio di autorizzazioni in Italia restino tra i più alti in Europa, e questo a causa di una digitalizzazione ancora carente e di un sistema spesso privo di trasparenza e responsabilità. Il risultato? Le imprese devono sottrarre tempo, risorse e personale alla produzione per rispondere agli obblighi amministrativi.

Italia maglia nera in Europa secondo la CGIA

Citando i dati raccolti dalla Banca Europea degli Investimenti, la CGIA sottolinea che il 90% delle imprese italiane ha personale dedicato agli adempimenti normativi. Nessun altro Paese europeo registra valori così alti: la media UE è dell’86%, ma in Italia una PMI su quattro dichiara di dover impiegare oltre il 10% del personale solo per gestire la burocrazia. Un dato che, come segnala la CGIA, in Germania scende all’11%, in Francia al 14%, e in Spagna al 14%.

Regioni italiane in coda alla classifica UE per qualità amministrativa

Il rapporto della CGIA richiama anche l’indagine dell’Università di Göteborg (EQI 2024) sulla qualità della pubblica amministrazione. L’Italia si posiziona male, con la Sicilia al 208° posto su 210 regioni europee, seguita dal Molise (207°) e dalla Calabria (197°). Solo alcune aree del Nord si salvano: il Friuli Venezia Giulia è la prima regione italiana in classifica, ma solo al 63° posto.

CGIA: “L’abrogazione di 30.700 leggi è un segnale positivo, ma non basta”

Qualcosa si muove sul fronte politico. Come segnala la CGIA, è stato approvato un disegno di legge del governo che prevede l’abrogazione di oltre 30.700 norme emanate tra il 1861 e il 1946. Se verrà confermato, porterà a una riduzione del 28% del corpus normativo vigente. Una semplificazione necessaria, ma che da sola non risolve un problema sistemico che ha radici profonde e culturali.