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Editoriali

I casi Aldrovandi e Uva

L’eterna lotta guardie/ladri ha sempre esaltato gli animi, creando miti dall’una e dall’altra parte, con l’aiuto del cinema e della televisione: armi di propaganda in passato a favore dei tutori dell’ordine, non disdegnando il biasimo verso le cosiddette “mele marce”.

In Italia, però, si è creata una situazione diversa a partire dagli anni settanta, allorché il clima politico arroventato creò una rete di odio strutturale verso le forze dell’ordine, inaugurato dall’omicidio del commissario di Polizia Luigi Calabresi, non condannato dall’intellighenzia di allora. Molti sono stati i caduti nella lotta contro il terrorismo e la mafia, ma ciò non è servito a svelenire l’humus consolidatosi nel frattempo e rinfocolato dai fatti del G8 di Genova del 2001.

Quest’ultimo evento ha visto emergere posizioni diverse all’interno soprattutto della Polizia di Stato, smilitarizzata e sindacalizzata con la legge 121/1981, a differenza dei corpi dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, rimasti con le stellette.

La delegittimazione dell’uomo in divisa, almeno in Italia, segue percorsi non sempre evidenti, ma passa attraverso una serie di operazioni sottili, un esempio per tutti: per ogni indagine, nuova o cold case che sia, il mantra è sempre uguale: indagini malfatte, incuria, incapacità, impreparazione.

A nulla vale ricordare che, dall’abolizione del processo inquisitorio, il magistrato, già deus ex machina in precedenza, è divenuto il dominus assoluto dell’istruttoria; e sono entrati in campo una serie di figure, periti e criminologi tra tutti, che, aiutati dal tambureggiamento di media invasivi, condizionano il sentire della pubblica opinione e finiscono per influenzare anche quelle giurie popolari della cui competenza al giudizio, oggi, si inizia a dubitare.

Alcuni casi del terzo millennio hanno finito col dare il colpo di grazie alla fiducia pubblica nel tutore dell’ordine. Salteremo la vicenda Cucchi, preso politicizzata al punto di non poter più distinguere il vero dal falso (Ilaria, sorella del deceduto Stefano, è oggi parlamentare nel gruppo Misto/AVS), concentrandoci sui casi Aldrovandi e Uva in base alle udienze trasmesse da “Un giorno in pretura”.

Federico Aldrovandi è un diciottenne ferrarese, studente di istituto tecnico, che guadagna qualche soldo come portapizze e si diletta di karate; vive con i genitori (padre nella Polizia municipale) e un fratello. La sera di sabato 24 settembre 2005, dopo aver svolto il suo lavoro, va a giocare a calcio; poi, con un gruppo di amici, raggiunge un centro sociale, dove si distingue per il suo stile di danza eccentrico. Le testimonianze provenienti dai ragazzi del gruppo non sembrano affatto escludere che il giovane possa aver assunto sostanze non meglio identificate; all’uscita, verso le quattro di notte, Federico si fa lasciare dagli altri nei giardinetti vicino a via Dell’Ippodromo. Motivo? Camminare, per scrollarsi di dosso un certo “torpore” e non “deludere” i genitori mostrandosi, forse, un poco stravolto (così in aula).

Poco dopo pervengono al 113 le chiamate di alcuni abitanti del posto, spaventati dai comportamenti del giovanotto, al punto che una di essi, dovendo uscire di casa, non ne ha il coraggio: si parla di urla e testate contro gli alberi.

Giunge una volante, con quattro agenti a bordo, tra cui una donna, ma Federico non si allontana, preferendo affrontare la pattuglia. Mettere a confronto le dichiarazioni dei quattro poliziotti con quelle sostenute dalla famiglia è praticamente impossibile, essendo confliggenti su tutta la linea. Testimoni a favore della tesi familiare, in udienza, hanno spesso ritrattato; uno di loro ha dichiarato di aver chiamato “Chi l’ha visto?” per gioco, quando in realtà era intento a far sesso con un suo amico.

Federico muore all’alba della domenica, per apossia – asfissia posturale: secondo l’accusa, causata dalla pressione esercitata sul suo corpo, nel tentativo di ridurlo alla ragione. L’equipaggio subirà una condanna a tre anni e otto mesi ( con risarcimento non si sa di quanto e a carico di chi); verrà reintegrato in servizio in ruoli amministrativi. Sul corpo di Federico risultarono numerose ferite: ma il comportamento autolesionista tenuto prima dell’arrivo della volante non è stato oggetto di analisi.

Giuseppe Uva è un quararantatreenne varesino, ufficialmente gruista, di fatto semi clochard, dedito all’uso di sostanze pesanti, come il suo amico più giovane Alberto Bigioggero. La notte del 14 giugno 2008 i due, in stato di ebbrezza alcolica e da stupefacenti, si divertono a rimuovere transenne comunali e a lanciarle in mezzo alla strada, il che provoca proteste dei cittadini e l’arrivo di una gazzella con due carabinieri. Uva è particolarmente riottoso e verrà sopposto a TSO e tenuto in guardina,, per poi morire all’ospedale di arresto cardiaco. Le risultanze mediche non confermeranno alcun pestaggio, tesi portata avanti con veemenza dai familiari, anche da una sorella con cui in passato il defunto aveva scambiato circa 35 querele.

In aula il supertestimone è Bigioggero, alterato e strafottente, al punto che nemmeno il padre, convocato come teste, confermerà le sue versioni. I carabinieri verranno assolti; Alberto, nel 2017, ucciderà il papà a coltellate, per la modica condanna di 11 anni più tre in casa di cura.

L’accigliata Unione europea pare intenzionata a deplorare ufficialmente l’operato delle forze dell’ordine italiane, invece di occuparsi del baratro in cui ci sta conducendo.

A nessuno fa piacere trovarsi in mano ai cosiddetti “sbirri”, condannati regolarmente da chi costruisce la narrazione successiva a suon di libri e film; i libertari assoluti sostengono la necessità di eliminare qualunque controllo sulla società e finanche l’esistenza di aule di giustizia. Il dibattito è aperto.

E’ chiaro che l’argomento, subdolo e nascosto sotto un mare di argomentazioni sofisticate, è la distruzione del tessuto sociale italiano: questo è uno dei metodi.

Carmen Gueye

Riguardo l'autore

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Carmen Gueye genovese laureata in lettere antiche, già pubblicista e attiva nel sociale, è autrice di romanzi, saggi e testi giuridici