I media in genere hanno il dovere di narrare quello che avviene, anche durante i conflitti. Motivo per cui è bene che non siano mai messi a tacere, a prescindere di come la si pensi. Il problema emerge laddove lo Stato sia un regime. Israele ha fatto bene oppure ha fatto male a bombardare la TV di Stato iraniana? Nel mezzo di un vaneggiante argomentare di propaganda con il dito indice teso che ci ricorda tanto Bin Laden e l’allegra combriccola di terroristi, sono cadute le bombe. La conduttrice si è allontanata prima di avvisare che dopo l’attacco stava cadendo tutto a pezzi.
Il mondo assiste con crescente apprensione all’escalation di violenza tra Israele e Iran. Un confronto che ha raggiunto nuove vette di drammaticità a Teheran. Questo raid aereo ha provocato “diversi morti” fra giornalisti e componenti dello staff tecnico,. Segnando una giornata tragica per il panorama dell’informazione e dei diritti umani.
L’episodio ha avuto luogo nel centro di Teheran, in un quartiere caratterizzato da abitazioni residenziali e uffici governativi. Evidenziando una volta di più il rischio di danni collaterali in contesti urbani. Il bombardamento ha colpito un edificio che ospitava gli studi televisivi, distruggendo non solo l’infrastruttura. Quindi generando scene di panico e confusione tra i presenti. Le riprese televisive hanno immortalato il momento preciso in cui lo studio crolla, ricoperto dalla polvere e dal fumo. La conduttrice, visibilmente scossa, si allontana con prontezza dalla telecamera per proteggersi. “Lo studio si sta riempiendo di polvere”, ha dichiarato, tentando di informare i telespettatori su quanto stava accadendo, prima di fuggire.
Immediate sono arrivate le reazioni ufficiali da parte della Repubblica Islamica. La televisione di stato iraniana ha comunicato che, in risposta all’attacco, il governo ha emesso avvisi di evacuazione per i canali d’informazione israeliani N12 e N14.
Pur vero rimane che gli Stati Uniti hanno già da subito dichiarato che, se ci fossero ritorsioni contro le loro emittenti, entreranno nel merito del conflitto.
La definizione di “nemico sionista” utilizzata dal portavoce della televisione di stato riflette non solo un linguaggio di guerra, ma anche la profonda sfiducia e animosità che caratterizzano i rapporti tra i due paesi.
Finora, il bilancio delle vittime appare incerto, con notizie di “diversi morti” che coinvolgono sia i tecnici che i giornalisti. Gli organi competenti stanno ancora verificando l’identità delle vittime. Non si sa il numero esatto, mentre emergono notizie sui danni strutturali causati dall’esplosione, che hanno fatto divampare un incendio all’interno dell’edificio.
Il contesto geopolitico è complesso: in un’era in cui l’informazione gioca un ruolo cruciale nei conflitti, gli attacchi ai media rappresentano un attacco diretto alla libertà di stampa e al diritto dei cittadini di essere informati. Questa situazione porta a riflessioni più ampie sulla sicurezza dei giornalisti, le cui vite sono messe a repentaglio per documentare la verità in zone di guerra. In questo senso, l’atto di aggressione contro la televisione di Stato iraniana è una violazione dei diritti umani fondamentali.
Quando si mette a tacere il nemico non è mai una cosa buona, nel caso della TV di Stato di un regime, poi, è sempre bene lasciare che i cittadini possano vedere di quante balle è capace un dittatore. Per rendere più semplice un convinto rovesciamento, ma purtroppo questa volta non è andata in questo modo.
Martina Cecco