In una società dell’immagine ossessionata dall’aspetto fisico, e che dalle copertine patinate dei giornali di moda ci propone come ideale una donna androgina, caratterizzata dall’assenza di forme femminili, da gambe lunghe e da taglie quasi infantili, assistiamo all’insospettata nascita e proliferazione di un nuovo e antitetico paradigma corporeo: l’obesità.
Infatti in un’epoca storica votata alla ricerca del corpo perfetto, a causa anche della quale si è avuto un grande aumento delle malattie legate all’alimentazione, quali anoressia e bulimia, si è sviluppata, quasi come forma di protesta nei confronti della suddetta società dell’immagine, questa contro-cultura del grasso. Le maggiori protagoniste di questo fenomeno socio-culturale sono prima di tutto persone giovani, che hanno la possibilità di utilizzare internet, e soprattutto i social network, per comunicare tra loro. Si chiamano gainer, quando provano piacere nel vedersi aumentare di peso, oppure stuffer, se sono particolarmente soddisfatti dall’ingurgitare enormi quantità di cibo e bevande gassate. Negli svariati siti in cui si incontrano virtualmente essi si scambiano informazioni e trucchi sulle diete da seguire per guadagnare peso più rapidamente e con maggior costanza, ignorando gli ovvi rischi per la salute che questo massiccio aumento corporeo può provocare.
Navigando tra le varie pagine web si può percepire il disagio che viene celato dietro questi stomachi prominenti: molti di loro asseriscono di provare soddisfazione nel controllo del proprio corpo che naturalmente sottintende l’ingrassare deliberatamente, e molti altri si dicono soddisfatti del loro aspetto fisico, perché trovano ingiusto il fatto che si debba cambiare per corrispondere ai canoni di una società ormai malata e votata esclusivamente al culto dell’immagine.
Così dunque, dietro ad una quasi sicuramente falsa soddisfazione che palesano nel soffiare candeline a forma di “200”, che inneggiano ai chili finalmente raggiunti con grande sforzo, posate su opulente torte al cioccolato, si nasconde un rifiuto dell’ideale fisico comunemente accettato dalla collettività delle persone, dovuto probabilmente all’impossibilità di raggiungerlo. Molti dei gainer e degli stuffer erano infatti in origine persone normopeso, o leggermente sovrappeso, che si vedevano relegante nella cerchia della normalità.
Nella loro logica la normalità spesso significa anonimato: nessuno si volta a guardare un individuo nella norma. Essere grassi dunque da questo punto di vista significa essere notati, ed in alcuni casi addirittura ammirati. In questi termini perciò questo culto dell’obesità – principale causa di morte prevenibile al mondo – è un modo per ottenere quei quindici minuti di notorietà di cui discusse addirittura Andy Warhol: in sostanza, nel disperato tentativo di sottrarsi dal culto dell’immagine che ci propone la nostra moderna società, essi si sono comunque erti a modello alternativo di ideale estetico, non sottraendosi dunque alla vanità che è insita nell’uomo contemporaneo. Siamo dunque di fronte ad un fenomeno che, proponendosi come “contro-cultura”, si può tuttavia assimilare per le sue caratteristiche sostanziali all’attuale centralità che l’aspetto fisico riveste nella collettività umana, a partire dal mondo della moda, in cui sempre di più possiamo constatare la presenza di modelle over-size.
Sara Cavedon