E’ notizia di ieri l’abbandono di Fratelli d’Italia da parte di Massimo Corsaro, uno dei primi fondatori del partito guidato da Giorgia Meloni.
Nella lettera aperta da lui pubblicata per spiegare i motivi dell’addio, i temi affrontati sono molteplici. Senza evitare la classica captatio benevolentiae di chi esce da un partito, Corsaro ha voluto sottolineare come, dopo il fallimento del PdL, si sia presa una linea politica totalmente sbagliata, suggellando accordi con Salvini, in un suo passaggio ritiene che le idee di destra non possano essere stampate su felpe; portando avanti slogan come “No Euro” e non difendendo il Jobs Act, riforma che il centrodestra aveva richiesto da vent’anni. A supporto di tutto questo, Corsaro ha citato Crosetto, quasi a voler chiedere l’aiuto della “mamma”, ricordando come l’ex-esponente di Fratelli d’Italia fosse l’elemento veramente “rivoluzionario” del partito, una partecipazione che potesse innovare la destra
Ma Crosetto, intervenendo “perché chiamato in causa”, non ci sta a fare il gioco di Corsaro e ricorda due elementi importanti: il primo riguarda il programma economico di Fratelli d’Italia, scritto al 90% da Corsaro e che lo stesso Corsaro da fuoriuscito critica; il secondo riguarda la precisa scelta, dello stesso Crosetto, di abbandonare un determinato partito a legislatura conclusa, in quanto abbandonare a metà sembra una sorta di tradimento sia della fiducia dei vertici del partito (che, attraverso il porcellum, hanno espresso le liste bloccate attraverso cui gli attuali deputati e senatori sono stati eletti) sia di quella degli italiani stessi.
Un pensiero differente arriva invece da Marco Vannucci, blogger di destra. Se da una parte Vannucci si trova in accordo con le dimissioni di Corsaro, vista una sorta di “deriva culturale” che sta prendendo Fratelli d’Italia, dall’altra critica la sua uscita per due motivi ben precisi. Il primo è che Corsaro poteva tranquillamente restare e fare la “voce fuori dal coro”, poteva essere una sorta di alternativa nel dibattito interno al pensiero unico di Meloni e Rampelli di schierarsi con Salvini e la Lega. Il secondo invece riguarda la mancanza di “tempismo” nelle dimissioni, visto che Corsaro avrebbe avuto tre momenti decisamente più significativi per “abbandonare la nave”: il primo già alla fondazione di Fratelli d’Italia, quando nell’organico del partito venne accolto un numero eccessivo di “trombati” che avevano precedentemente militato in Alleanza Nazionale; il secondo dopo il voluto (o forse forzato) allontanamento di Crosetto dai vertici del partito, per favorire una visione in prima linea di Giorgia Meloni alle europee; il terzo momento quando fu respinta l’alleanza con Storace, personaggio che forse più di molti altri ha incarnato principi e valori di destra e che invece è stato messo alla porta.
Riguardo le dimissioni, dunque, si può dire ancora una cosa: il buon marinaio è colui che prova a portare in salvo la nave, non chi la abbandona in mezzo alla tempesta.
Riccardo Ficara
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