Mentre parte l’ipocrita “via libera” di Berlino e Parigi per stilare un codice di condotta per le Ong – un vero e proprio contentino alle fievoli minacce “Gentiloniane” di chiudere i porti alle Ong straniere – ecco che ora anche l’Austria decide di chiudere definitivamente i confini.
Così insieme a Francia e Spagna anche l’Austria snobba l’Italia su profughi e migranti: mentre le prime due comunicano un chiaro e netto “no”, respingendo la proposta italiana di accogliere nei propri porti i migranti salvati nelle acque internazionali dalle navi mercantili e da quelle delle Ong, l’ultima, guidata dal socialdemocratico Kern, decide di schierare a confine con il Brennero la bellezza di 750 soldati e quattro veicoli blindati. Una vera e propria presa di posizione da parte del Governo Austriaco sulla questione migranti in Europa.
E se ad alzare la voce non ci pensa l’Italia a farlo è proprio l’Austria, che già nelle prime ore di stamane, attraverso il ministro della Difesa Hans Peter Doskozi, in una nota stampa minacciava: “se non si ridurrà il flusso di migranti in arrivo sulle coste italiane l’Austria imporrà molto presto controlli e dispiegherà soldati al confine con l’Italia”. Detto, fatto.
Insomma, si alza nuovamente la tensione in Europa sulla questione migranti. E mentre si alzano anche le ultime frontiere “l’Europa “premio Nobel per la pace” rivela il suo vero volto: nel momento del bisogno, ognun per sé”, riportando le parole a caldo scritte attraverso un post su Facebook dal vicepresidente della camera Luigi di Maio in merito alla questione. Una questione delicata che però in molti sembrano non voler capire.
Così, ancora una volta, la questione – che doveva già essere affrontata al G8 di Taormina – è stata rimandata a data imprecisata e lasciata all’Italia, unica vera “porta d’Europa” per i migranti che, nel futuro, saranno sempre di più, e non solo profughi di guerra, così come ci ha tenuto a sottolineare la giornalista Svetlana Aleksievic, Nobel della Letteratura nel 2015, che sul tema migranti e dei diritti umani, un po’ in stile “radical chic”, ha costruito le sue opere letterarie più famose. “L’Italia si prepari ad accogliere sempre più profughi […] Si abitui al diverso”, sembra essere la sua unica soluzione in un’intervista all’AGI, l’agenzia giornalistica italiana. Peccato che “ad abituarsi al diverso”, in un’Europa così com’era stata concepita dai padri fondatori, dovrebbero essere anche altri.
Tuttavia si scopre, attraverso gli ultimi dati del portale “Reefuge Situations” che l’Italia, tra i cosiddetti “paesi ponte”, accoglie un numero pari a 84,879mila arrivi, contro i rispettivi 9,461 della Grecia e i 6,411 della Spagna: “al momento il peso della crisi migratoria ricade per l’86% sull’Italia, il 9% sulla Grecia e il 4% sulla Spagna”, rileva El Pais online. Un +17,3% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno per il nostro Paese, che appare tristemente abbandonato a se stesso in questa mole costante di arrivi, che certo non accennano a placarsi. Il tutto mentre i ricollocamenti tardano ad arrivare: sono solo poco più di 6mila in 18 paesi europei. Alla faccia della cooperazione europea.
Una cooperazione che, nel fermo immagine di un parlamento europeo semi-deserto, tarderebbe ad arrivare anche nelle intese politico-istituzionali dello stesso: lo scontro di stamane tra il presidente della Commissione europea Jean-Claude Junker e il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani proprio sul tema dei flussi migratori – in cui a discutere c’erano solo pochi eurodeputati – ne è l’esempio.
Mentre qualcuno chiede disperatamente aiuto all’Europa per gestire la difficilissima questione dei migranti, sembra che le istituzioni del vecchio Continente abbiano ben altro a cui pensare. Forse, questa volta, l’immobilismo europeo in tal senso è solo l’ultimo inequivocabile segno di un’Europa oramai alle battute finali. Bella solo a parole, ma non nei fatti.
di Giuseppe Papalia