Cos’è il coltan? Una veloce ricerca in rete ci informa che è una miscela di columbite e tantalite.
Ed è, soprattutto, l’elemento fondamentale per la produzione di condensatori utilizzati in tutti gli apparecchi tecnologici che usiamo quotidianamente: smartphone, portatili, macchine fotografiche, lettori DVD. Solo nella batteria di un telefono cellulare sono presenti dai 5 ai 10 grammi di coltan.
Il prezzo di tale materiale? 11 milioni di vittime congolesi, secondo i dati ONU.
Perché il Congo? Perché solo l’80% delle miniere di coltan si trovano in questa regione. Non solo, le sue stesse catene montuose, situate nella zona orientale del paese, sono interamente fatte di coltan. La Repubblica Democratica del Congo è, infatti, uno dei paesi più ricchi dal punto di vista geologico e minerario. E proprio per questo è anche uno dei paesi più poveri.
La popolazione di questi ricchi territori, almeno dal 1994 fino ad oggi, subisce ad intermittenza continui massacri, si vede le sue terre espropriate e convertite in zone di estrazione.
Le vite stroncate finora sono circa 11 milioni; 400 mila sono le bambine, donne e anziane che ogni anno sono vittime di abusi e torture; avviene uno stupro ogni due ore solamente in una singola provincia del Congo. Gli sfollati emigrati in altri paesi sono al momento 4 milioni.
I lavoratori sono agricoltori che hanno abbandonato le loro terre, sfollati e prigionieri di guerra, ma soprattutto bambini, i cui corpi possono muoversi più facilmente in miniere che spesso sono improvvisate e, ovviamente, senza alcuna misura di sicurezza. Il tutto sotto il controllo diretto dei soldati.
Un giovane lavoratore delle miniere di coltan lavora in media dieci ore al giorno, nelle quali riesce ad estrarre un chilogrammo di coltan.
Gli viene pagato un euro.
L’intermediario lo rivende ai grossisti a 500 euro.
E, secondo le statistiche, ad ogni chilo di coltan estratto corrispondono due bambini congolesi morti. Morti per sfruttamento, malattia e crolli nelle miniere.
Chi ci guadagna da una tale strage? Il profitto coincide, come è immaginabile, con quello delle imprese sovranazionali, accusate di alimentare il traffico di coltan e, soprattutto, di aver violato i diritti fondamentali della persona, tra cui il diritto alla libertà, alla vita, alla sicurezza, ad eguale dignità e diritti, a non essere tenuti in stato di schiavitù, al lavoro e ad un’eguale retribuzione, per citarne solo alcuni.
Se tali diritti fossero stati rispettati lo smartphone che stiamo usando in questo preciso istante non sarebbe costato 300 euro, ma forse 7.000.
Dal 2011, da quando è stato dato un barlume di visibilità all’allerta in Congo, ci si è mossi per rendere almeno tracciabili i materiali: solo nel 2021, tuttavia, verrà attuato un provvedimento dell’Unione Europea, al fine di controllare la provenienza del coltan, ma solo fino all’arrivo del materiale ai primi importatori, come le fonderie, lasciando così la possibilità ai brand di comprare altrove.
L’unico motivo per cui 11 milioni di persone sono morte è perchè noi potessimo comprare a un prezzo vantaggioso un cellulare, che probabilmente già l’anno prossimo cambieremo nuovamente.
La responsabilità è anche nostra, per ogni singolo smartphone.
Gaia Celebrin